Legge elettorale, l’opera di convincimento del presidente Mattarella

ROMA. – Il presidente della Repubblica non sarà mai “attore” nel lavoro di preparazione di una nuova legge elettorale, non esprime preferenze personali per un sistema o per l’altro ma certamente, come detto in passato con chiarezza, vigila affinchè sia garantita omogeneità tra il voto per la Camera e quello per il Senato. Condizione questa ineludibile per la futura governabilità dell’Italia.

Sergio Mattarella in questa fase guarda con attenzione alle dinamiche politiche che ruotano intorno al sistema elettorale ma non prevede alcuna accelerazione quirinalizia soprattutto in un momento in cui l’esame è stato calendarizzato in aula per il 27 marzo.

Certo, non è scontato che si possa vedere un ulteriore rinvio della discussione a Montecitorio ma il presidente valuta le conversazioni avviate con una certa serenità. E’ certamente finita la fase delle leggi a colpi di “fiducie”. Ora si è aperto il tempo del “convincimento” ed è esattamente questo che dovranno fare le forze politiche e i parlamentari nelle prossime settimane.

Nessuno, neanche al Colle, nasconde la realtà di questi giorni e cioè che ancora oggi sul tavolo da gioco ci siano troppe carte. Ma ci sono dinamiche che si chiariscono e date che si allungano: fattori che suggeriscono calma e pazienza.

La generale acquisita consapevolezza che le elezioni anticipate siano oggi possibili solo a causa di un incidente di percorso stimola il Governo Gentiloni a mostrare coraggio nel riempire il paniere delle riforme da chiudere nel suo breve mandato. E Mattarella non può che esserne soddisfatto: il Governo fa il suo mestiere, si osserva con un certo “understatement”.

Ma il capo dello Stato ha sempre incoraggiato l’esecutivo ad uscire dalle secche della provvisorietà e osserva con soddisfazione come ora il Governo governi un po’ di più. D’altronde lo spread dà segni di risveglio, la manovrina correttiva è attesa da Bruxelles, la Ue si avvia verso la doppia velocità e a fine marzo i leader dei 27 saranno in Italia per una celebrazione del Trattato di Roma che si è caricata di aspettative ben poco formali.

Quanto basta per dare segnali esterni di movimento, per dimostrare in patria e all’estero che il sistema-Italia non è bloccato. Questo è il presente, propedeutico per il futuro prossimo. Cioè il 2018 quando, salvo sorprese, nascerà una nuova legislatura. E un presidente della Repubblica certo non vuole vederla nascere già morta. Per questo sulla legge elettorale il Quirinale non scherza: non si puo’ decidere la rotta del Paese sulla base di due sentenze della Consulta, organo non legiferante. Il perdurare dell’ingovernabilità sarebbe una catastrofe.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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