La produzione industriale in calo, il peggior risultato dal 2012

ROMA. – La spinta dell’industria italiana di dicembre sembra già esaurita. Dopo la crescita della produzione industriale dell’1,4% a fine 2016, l’Istat registra a gennaio 2017 un calo del 2,3% rispetto al mese precedente. E’ la peggiore contrazione mensile da cinque anni, da gennaio 2012, e anche su base annua la produzione si riduce dello 0,5% nei dati corretti per gli effetti di calendario. I segni ‘meno’ sono diffusi a tutti i raggruppamenti di industrie tranne l’energia.

La frenata di gennaio potrebbe essere “una dato disastroso” dovuto allo “stato comatoso” dei consumi, come ritiene il Codacons, e la conferma “dell’instabilità persistente del nostro sistema economico”, come affermano Federconsumatori e Adusbef, oppure soltanto “un incidente di percorso”, con le parole centro Studi Promotor.

Gli analisti Confindustria si attendono già per febbraio un aumento della produzione dell’1,3% e attribuiscono il calo di gennaio soprattutto agli “effetti di calendario”, con il rientro dalle festività natalizie che, in molte aziende, è avvenuto lunedì 9. Per il primo trimestre, in ogni caso, il senior economist di Intesa Sanpaolo Paolo Mameli prevede una crescita “più modesta” rispetto al +1,1% dell’ultimo trimestre del 2016.

Guardando ai dati con maggiore dettaglio, risultano in calo tendenziale nove comparti manifatturieri su 13 e mostrano flessioni anche i due settori che più hanno trainato la ripresa nei mesi scorsi: la fabbricazione di mezzi di trasporto (-1,8%) e di autoveicoli (-0,2%).

Per il settore auto si tratta del secondo calo in due anni e mezzo, da maggio 2014. L’automotive ha avuto finora un ruolo chiave per il ritorno alla crescita dell’economia italiana, al punto che da incoronare, lo scorso anno, la Basilicata come regina dell’export, con una crescita del 53,5%. Anche grazie a questo risultato, il Sud Italia ha battuto il Nord per vendite all’estero, che sono aumentate a un ritmo superiore di sette volte alla media nazionale (l’8,5%), anche se inferiore rispetto a quello del 2015 (+10,2%). L’Italia centrale si è fermata a +2,1% e il Nord-Est a +1,8%, il Nord-Ovest è rimasto stazionario e le Isole hanno perso il 15%.

Tra le regioni, hanno mostrato segni di sofferenza la Sicilia, dove pesa il crollo dei prodotti petroliferi raffinati, e il Piemonte, per la contrazione degli autoveicoli. E’ cambiata così la geografia del commercio estero italiano e le province d’oro, in una classifica che tiene conto sia dell’andamento dell’export sia del suo volume, risultano Potenza al primo posto (con una crescita del 58%), seguita da Milano (+3,9%), Frosinone (+35,7%), Trieste, Ascoli Piceno, Chieti e, in ottava posizione, Roma.

Per il futuro, il ministro del Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, è al lavoro “sulla possibilità di costruire zone economiche speciali” per esempio in Sicilia. “Stiamo discutendo con la commissione europea: c’è un’interlocuzione forte – aggiunge – e pensiamo di raggiungere un risultato interessante”.

(di Chiara Munafò/ANSA)

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