Trump gioca duro al G20, pressing anche su Draghi

ROMA. – Se l’Europa è delusa perché scompare l’impegno del G20 contro il protezionismo, gli Usa di Trump tirano dritto: è ‘America First’ sul fronte commerciale, dei tassi di cambio e dell’ambiente. Resta poco chiaro se l’amministrazione Usa – alla sua prima uscita al G20 – sia davvero in grado di andare avanti con la sua ‘border tax’ e se i partner che Washington ha messo nel mirino, Cina e Germania, faranno resistenza al Wto con la possibilità di un contenzioso.

Ma visto che Trump deve portare a casa dei risultati “per i lavoratori americani”, come ripete continuamente, nei prossimi anni la posizione commerciale degli Usa rimarrà terreno di scontro: “la border tax ha il sostegno della Camera ma non del Senato e dunque non sono sicuro che passerà”, dice all’ANSA Patrick Mulloy, già membro della commissione Usa-China che si occupa di economia e sicurezza e professore alla George Mason University considerato un’autorità a Washington sul commercio estero.

Ma “Trump ha politicamente bisogno di ridurre i nostri deficit commerciali e dunque mi aspetto che non si torni indietro alle prassi precedenti la sua elezione: sarà un terreno di scontro”. Preparatevi al braccio di ferro, dunque, che passerà anche attraverso il cambio del dollaro. Con la Banca centrale europea che potrebbe finire sotto ulteriore pressione per una normalizzazione monetaria che pone un sacco di problemi, in Europa e in Italia.

“C’è la Germania che spinge per dare una stretta monetaria, c’è la Fed che alzerà i tassi altre due volte quest’anno creando un differenziale con l’Eurozona che non può superare un certo livello. E ora c’è la pressione dell’amministrazione Usa, che a Berlino torna utile per dire che i tassi vanno alzati e gli acquisti di debito devono rientrare” facendo così apprezzare l’euro, spiega Alberto Forchielli, partner fondatore del fondo Mandarin ed economista esperto di commercio internazionale.

Era dal 2005 che il comunicato finale del G20 non citava l’impegno almeno a “evitare” il protezionismo. Trump è riuscito a infrangere il tabù: a Baden Baden il documento, frutto di infinite limature e mercanteggiamenti, sul commercio mondiale si limita a uno striminzito “lavoriamo per rafforzare il ruolo del commercio nelle nostre economie”. Mnuchin, il suo segretario al Tesoro, ha ribadito che Washington vuole un commercio “libero” ma anche “equo” e “bilanciato”.

Al pari del commercio, una doccia fredda per l’Europa è anche il mancato riferimento del G20 al cambiamento climatico e al trattato di Parigi. Come spiega Forchielli, la stessa amministrazione Trump non è granitica sul tema: da una parte i ‘falchi’ di Trump, Steve Bannon e Peter Navarro, dall’altra quelli che invitano alla cautela e temono gli effetti disastrosi di una guerra commerciale: lo stesso Mnuchin e Gary Cohn, direttore del National Economic Council.

Nessuno sa esattamente come finirà la partita. Ma la freddezza del vertice Trump-Merkel e la quasi rottura al G20 sul commercio, evitata sostanzialmente glissando sul protezionismo, segnalano che Trump intende giocare duro. Lo farà anche sul deficit commerciale e sul dollaro, a suo dire sopravvalutato.

Per Forchielli, al telefono da Bangkok, la mossa al G20 (“hanno fatto molto più in fretta di quanto immaginassi”) può aprire un varco per far passare la border tax, ridimensionare l’Organizzazione mondiale del commercio e cercare di imperniare la politica commerciale sui trattati bilaterali. Non è una partita che si risolve in pochi mesi e l’amministrazione Trump fra due anni sarà di nuovo in campagna elettorale. Nel frattempo la pressione potrebbe scaricarsi sui tassi di cambio.

(di Domenico Conti/ANSA)