Le famiglie delle vittime dell’11 settembre fanno causa ad Arabia Saudita

NEW YORK. – Sedici anni dopo la tragedia dell’11 settembre 2001 arrivano le prima cause contro l’Arabia Saudita. Almeno 800 famiglie delle vittime degli attentati di New York, Washington e in Pennsylvania hanno avviato un’azione legale presso la corte federale del distretto di Manhattan: l’accusa a Riad è di aver favorito gli attacchi che causarono circa 3.000 morti e 6.000 feriti.

Secondo le carte depositate in tribunale, le responsabilità saudite sono evidenti e frutto di una palese ‘ipocrisia’: da una parte l’Arabia si è sempre presentata agli occhi degli Usa e dell’Occidente come un Paese impegnato nella lotta al terrorismo di matrice jihadista, dall’altra ha assicurato a gruppi come al Qaida sostegno logistico e materiale.

Nello specifico si accusa Riad di aver raccolto fondi per finanziare attività terroristiche: dall’addestramento di militanti di al Qaida in Afghanistan alla fornitura di armi, rifugi sicuri e documenti di viaggio (compresi passaporti falsi) ai terroristi.

Nel caso dell’11 settembre (15 su 19 dei dirottatori erano sauditi) si parla di funzionari sauditi, anche d’ambasciata, che avrebbero aiutato almeno due terroristi (Salem al-Hazmi e Khalid Al-Mihdhar) già 18 mesi prima degli attacchi: a trovare appartamenti, a imparare l’inglese e a ottenere carte di credito e contanti.

La richiesta delle famiglie delle vittime di Ground Zero, del Pentagono e dell’aereo precipitato in un campo della Pennsylvania chiedono dunque il pagamento dei danni materiali e morali, compresi gli interessi, caso per caso. Anche se la cifra complessiva non viene specificata.

Ma le accuse gravissime rischiano di incrinare i rapporti tra gli Stati Uniti e l’alleato arabo più importante nella regione del Golfo Persico, e fondamentale nella lotta all’Isis. Proprio il motivo per cui Barack Obama si era opposto alla legge approvata dal Congresso (la Justice against Sponsors of Terrorism Act) che permette l’avvio delle cause nei confronti dell’Arabia Saudita. Opposizione che portò fino alla presentazione del veto da parte dell’ex presidente americano. Veto che però lo scorso settembre venne neutralizzato da un voto bipartisan a Capitol Hill.

Il Regno saudita spera ora in una decisione in extremis dell’amministrazione Trump, a cui si chiede di fare retromarcia. Difficile però che la Casa Bianca si muova in questa direzione, visto che lo stesso Trump definì il veto posto dal suo predecessore “vergognoso”, “uno dei punti più bassi toccati dalla presidenza Obama”.

Il governo di Riad intanto esprime preoccupazione. E il ministro dell’Energia saudita, Khalid al-Falih, parlando al Wall Street Journal, mette in guardia Washington dalle conseguenze. Tra queste anche la possibilità che altri Stati possano sentirsi a questo punto autorizzati a fare causa agli Usa per presunte ingiustizie subite. Si innescherebbe così una spirale difficile da controllare, proprio come ammoniva Obama.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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