Nuova tegola su Trump, ex collaboratore lavorò per Putin

Un primo piano di Trump affiancato da Manafort
Donald Trump e Paul Manfort
Trump e Manafort

WASHINGTON. – Nuova tegola per il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a pochi giorni dalla conferma ufficiale da parte del direttore dell’Fbi James Comey di un’inchiesta in corso sul Russiagate: l’ex manager della sua campagna elettorale, Paul Manafort, lavorò in passato per un magnate russo, Oleg Deripaska, vicino al presidente Vladimir Putin e a beneficio del suo governo spingendo di fatto la sua agenda politica.

E’ l’agenzia Associated Press a rivelare i dettagli di un episodio che, pur risalente a oltre dieci anni fa, risulta adesso scottante per la Casa Bianca di Trump già sotto schiaffo per indiscrezioni su contatti tra l’entourage del presidente con rappresentanti russi.

Manafort respinge le accuse: non smentisce quel contratto, ha infatti confermato alla Ap di avere lavorato per Deripaska, affermando però che questa sua attività viene presentata adesso, in modo ingiusto, come inappropriata.

La Casa Bianca da parte sua prende le distanze come può dall’ex manager della campagna per l’elezione di Donald Trump e a domande dei giornalisti il portavoce Sean Spicer risponde che il presidente non sapeva delle passate attività del suo collaboratore quando lo impiegò, che sarebbe “assurdo” pensare altrimenti e che comunque Manafort era stato chiamato “per fare un lavoro e l’ha fatto. Doveva contare i delegati”.

Risposta in cui c’è chi vede un tentativo di ridimensionare quello che è stato il ruolo di Mananfort nella campagna di Trump di cui fu manager sebbene per un periodo limitato. Fu infatti sostituito dopo che emersero legami con esponenti ucraini nelle sue attività di consulente, che costituivano “una distrazione” ha spiegato anche oggi Spicer.

Con il magnate dell’alluminio Deripaska i primi contatti emersi risalgono al 2005, quando – stando all’Ap – Manafort propose un piano strategico per permettere in definitiva al governo russo di esercitare influenza su interlocutori americani, dai media alla politica passando per il business. Fu quindi firmato un contratto da 10 milioni di dollari a partire dal 2006, e secondo le diverse fonti interpellate dall’AP, Manafort e Deripaska mantennero poi un rapporto professionale fino al 2009.

Intanto, su un altro fronte Trump sembra tirare un sospiro di sollievo, almeno secondo la sua interpretazione delle parole del repubblicano David Nuñes, presidente della commissione intelligence alla Camera. Oggi Nuñes non ha escluso che comunicazioni personali del presidente degli Stati Uniti Donald Trump siano state raccolte dopo l’elezione e prima dell’insediamento in maniera “accidentale”.

Nuñes ha spiegato di esserne venuto a conoscenza esaminando rapporti di intelligence non relativi ai contatti con la Russia e ha ipotizzato attività legali, confermando poi “come già detto in passato” che non ci sono prove a sostegno delle accuse di Trump al predecessore Barack Obama di averlo intercettato. Ma il presidente non fa dietrofront, affermando di sentirsi “in un certo senso assolto” dalle parole di Nuñes.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)