A Washington summit anti Isis, con 68 Paesi rappresentati

WASHINGTON. – L’ombra lunga del Califfato si proietta anche sul vertice della coalizione globale anti Isis, il primo dell’era Trump, con 68 Paesi rappresentati. Da un lato l’attacco a Londra, che costringe un “preoccupato” ministro degli esteri Boris Johnson, seduto accanto ad Angelino Alfano, a lasciare subito la platea dopo il suo intervento. Dall’altro il bando in cabina a pc e iPad sui voli in Usa provenienti da otto Paesi a maggioranza musulmana, pare motivato proprio da una minaccia Isis (o al-Qaida secondo altre fonti), che avrebbe messo a punto mini batterie esplosive.

Sul summit rimbalzano anche le notizie dal fronte, con l’intensificarsi dell’offensiva su Raqqa insieme ai curdi e gli oltre trenta civili morti in un raid apparentemente della coalizione. E’ il segretario di stato Rex Tillerson ad aprire il vertice, proprio mentre da Londra arrivano le prime notizie dell’attentato, che lo indurranno più tardi a condannare “questi orribili atti di violenza”.

“Riconosco che ci sono molte sfide urgenti in Medio Oriente, ma sconfiggere l’Isis è la priorità numero uno degli Usa nella regione”, ammonisce Tillerson, promettendo l’uccisione del leader dell’Isis al-Baghdadi (“è solo questione di tempo, farà la stessa fine dei suoi fedelissimi”) e suggerendo la creazione di ‘zone provvisorie di stabilità’ attraverso il cessate il fuoco per consentire ai rifugiati di tornare a casa: una misura che sembra ricalcare le ‘safe zone’ invocate da Trump ma che richiederebbe una maggiore presenze di truppe sul terreno per garantire la sicurezza.

Il presidente ha già dato più potere ai suoi generali per i raid e alla Cia per gli attacchi con i droni ma Tillerson ha riconosciuto che la strategia è ancora in corso di ridefinizione. L’unica promessa è che gli Usa “aumenteranno la pressione su Isis e al-Qaida”. Tillerson ha chiesto ai partner di “fare di più”, anche in termini finanziari: l’obiettivo per quest’anno e’ raccogliere circa 2 miliardi di dollari per l’assistenza umanitaria, la stabilizzazione e lo sminamento di Iraq e Siria.

Una richiesta accompagnata da un ramoscello d’ulivo, ossia la proposta di cambiare le date della ministeriale Nato dopo i malumori per il suo forfait e l’annuncio che Trump parteciperà al vertice dell’Alleanza il 25 Maggio a Bruxelles.

Il summit anti Isis è stata l’occasione per il ministro degli esteri Angelino Alfano di confermare l’impegno italiano nella lotta al terrorismo e di riproporre la questione libica tra le priorità della sicurezza mondiale, confidando nella spinta della nuova presidenza Usa per evitare che finisca nelle “retrovie”, oscurata dalla minaccia nordcoreana, dalla questione ucraina e siriana.

“L’avvio dell’amministrazione Trump, che si sposa a quello del mandato del nuovo segretario generale dell’Onu, potrebbe essere il punto di svolta per dare maggiore efficacia all’azione libica”, ha spiegato alla stampa italiana, sottolineando la necessità di una “leadership forte a livello mondiale”.

“Noi stiamo lavorando sul piano bilaterale facendo il massimo possibile, poi occorre un’azione globale, che richiede la partecipazione di tanti altri Paesi e pensiamo che la dimensione internazionale sia quella più giusta per ottenere una soluzione alla questione libica”, ha proseguito Alfano.

Il ministro ha assicurato di aver ricevuto una “grande attenzione” nella sua visita a Washington, “durante i bilaterali, al Congresso, e qui al vertice della coalizione globale anti Isis: la questione libica è la grande incompiuta della comunità internazionale”.

Poi anche lui deve fare i conti con l’ultima emergenza, l’attacco di Londra, “una città ancora una volta colpita perché sappiamo e ricordiamo che non è la prima volta che viene attaccata. Non ci è data la possibilità di abbassare la guardia”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)