Crisi Mosca-Kiev su Eurovision, bandita la cantante russa

MOSCA. – I segnali c’erano tutti. E alla fine la crisi, puntualmente, è scoppiata: Mosca e Kiev sono infatti (di nuovo) ai ferri corti. E questa volta lo scontro si gioca nel campo dell’Eurovision, il popolare festival musicale europeo. L’Ucraina ha deciso di vietare l’ingresso nel Paese – che ospita il concorso a maggio – alla rappresentante russa, la cantante disabile Yulia Saimolova.

Kiev ha bollato la sua nomina da parte di Mosca “una provocazione”, poiché la giovane artista si è esibita in Crimea nel 2015, violando le disposizioni ucraine che proibiscono agli stranieri di recarsi nella penisola senza autorizzazione. E Mosca ha definito la decisione di Kiev “obbrobriosa, cinica e inumana”.

Le autorità ucraine, d’altra parte, sin dal giorno della nomina della 27enne Saimolova, costretta sulla sedia a rotelle fin dalla tenera età, hanno manifestato nervosismo per quella scelta. I servizi di sicurezza (Sbu) avevano messo in chiaro sin da subito che era “risaputo” che la ragazza si era recata in Crimea, nel 2015, e che dunque aveva violato la legge.

Inoltre, come ha sottolineato il capo dell’Sbu, Vassili Gritsak, l’artista aveva lasciato pure “tracce sui social” in cui “aveva espresso la sua opinione sull’Ucraina, sulle sue autorità nonché sull’integrazione euro-atlantica del Paese”. Ovviamente con toni sgraditi a Kiev. Da qui “la provocazione”.

E una bella gatta da pelare: chiudere un occhio avrebbe significato venire meno a una legge dello Stato (oltre che perdere la faccia nel braccio di ferro con Mosca sulla Crimea e il conflitto nel Donbass) ma, allo stesso tempo, tenendo il punto Kiev si sarebbe mostrata al mondo come (forse) eccessivamente intransigente, soprattutto alla luce della storia personale di Yulia. Morale: la classica situazione ‘lose-lose’.

Persino il Cremlino è intervenuto sulla questione, negando l’ipotesi della provocazione. “E’ la scelta di un canale televisivo”, ha spiegato il portavoce presidenziale Dmitri Peskov. “Quasi tutti sono stati in Crimea”, ha poi aggiunto sardonico. Che alla fine si sarebbe andati allo scontro è però apparso chiaro, quando Gritsak ha rotto gli indugi: “La mia posizione – ha dichiarato – è precisa: non deve entrare in Ucraina poiché la legge è uguale per tutti”.

Poi la formalizzazione del divieto, della durata di tre anni. Così la Russia, che pure, stando ad alcuni commentatori, aveva persino compiuto un’apertura nei confronti dell’Ucraina con la decisone di partecipare all’Eurovision, visto che molte figure nazionaliste avevano proposto di “boicottare” l’edizione ucraina, ha reagito con sdegno.

Per la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, questo è addirittura il “momento della verità” per la comunità europea, mentre per il vice presidente della Duma, Piotr Tolstoi, la scelta di Kiev è “pericolosa per la stessa sopravvivenza del festival, poiché senza il pubblico russo il concorso è inimmaginabile”.

In tutto questo il manager della popstar britannica Robbie Williams avrà davvero “le mani nei capelli”: l’altro ieri, ospite di uno show tv, si era detto “entusiasta” all’ipotesi di rappresentare la Russia all’Eurovision. Una battuta, certo. Che ora circola implacabile nei media russi.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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