Il Pd detta la linea al governo, ed è tensione nella maggioranza

Matteo Renzi (s) con Mauro Gentiloni (d) ANSA/ANGELO CARCONI
Matteo Renzi (s) con Mauro Gentiloni (d) ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – Ai lati i piccoli partiti Alternativa popolare e Movimento democratici e progressisti, pronti a far valere al Senato il peso dei loro voti, che sono determinanti per la vita del governo. Al centro il Partito democratico che, come ha detto Paolo Gentiloni, ha la responsabilità di essere “architrave della maggioranza”, determinato a non mettere la firma in calce a scelte impopolari, soprattutto sul fronte economico, in vista delle elezioni. Su questi binari viaggerà nei prossimi mesi la legislatura.

“Attraverseremo passaggi difficili. Ma cercherò di tenere il governo al riparo dalle tensioni della fase politica”, ha detto il premier mercoledì ai senatori Dem. Con l’avvicinarsi della scadenza elettorale aumentano però di giorno in giorno distinguo e smarcamenti.

Angelino Alfano, che una settimana fa ha tenuto a battesimo la nuova Ap, non solo chiede le dimissioni del dg della Rai Antonio Campo Dall’Orto (fu scelto da Renzi), ma scende in trincea sui voucher, dopo la cancellazione decisa dal suo governo. “Senza emendamenti per spostare l’ultima data di acquisto dei voucher dal 17 marzo al 15 maggio, non voteremo il decreto”, avverte. Un avvertimento che è un ‘fuoco di primavera’ secondo un dirigente Pd: gli alfaniani al dunque, sottolinea, si sono sempre dimostrati alleati di governo affidabili.

Ma il malcontento per la scelta sui voucher in realtà è diffuso anche nel Pd, non solo tra gli esponenti della sinistra Dem, ma pure tra alcuni renziani: eliminare i voucher – ragionano – crea problemi anche alle famiglie, bisogna trovare una soluzione in fretta. E sarà trovata, assicura il capogruppo Pd Ettore Rosato, che ad Alfano replica così: “Non occorrono minacce, possiamo trovare soluzioni condivise a problemi che registriamo tutti”.

Con Ap e Mdp iniziano le schermaglie anche in vista della partita della legge elettorale: Renzi tiene il punto sul Mattarellum, Maurizio Martina aggiunge che l’alternativa possibile è estendere l’Italicum al Senato. Ma i renziani non vogliono cedere sul premio alla coalizione, che piacerebbe ai partitini. E aggiungono che da qui a fine legislatura non si accetteranno loro ricatti: ognuno nella maggioranza deve assumersi le sue responsabilità e invece – notano – si allunga ogni giorno di più l’elenco dei voti in cui i bersaniani di Mdp si dissociano dalla maggioranza. Se questo avviene alla Camera non ci sono ripercussioni, ma al Senato può creare enormi problemi facendo andare sotto il governo.

“Se vanno avanti così, le conseguenze sono difficili da governare”, afferma un senatore renziano, evocando la possibilità che le fibrillazioni di Mdp e Ap portino alla caduta del governo e al voto a settembre, che ai renziani non spiacerebbe. Di sicuro, di qui in avanti lo stesso Pd farà sentire sempre più la sua voce: la prossima settimana Padoan dovrebbe incontrare i Dem e sentirsi ribadire la linea invalicabile segnata da Renzi sul no all’aumento delle tasse nella ‘manovrina’ e poi nella legge di bilancio.

Il ragionamento è semplice: il Pd non può andare al voto – partendo secondo i sondaggi in svantaggio sul M5s – zavorrato da misure draconiane. Gentiloni, che avrebbe un rapporto saldo con Renzi, professa calma e tiene la barra di un governo lontano dalle fibrillazioni e che sappia rassicurare.

Nell’aprire le celebrazioni per i trattati Ue, il premier ribadisce la necessità di meno vincoli, più crescita e welfare in Europa. Ma dice anche che le riforme devono proseguire: non si può stare a galleggiare, ha detto nei giorni scorsi ai parlamentari Dem.

Prosegue intanto il congresso Pd, che vede Renzi ancora in vantaggio sugli avversari (al 68% contro il 30% di Orlando e l’1,7% di Emiliano). L’ex premier vota nel suo circolo di Firenze e non rinuncia a una stoccata ai Cinque stelle: “Quando la politica non si fa con accuse e bugie, ma ascoltando i cittadini sarà un gran giorno per tutti. Verrà un giorno in cui anche gli altri partiti apprezzeranno la democrazia interna”.

(di Serenella Mattera/ANSA)