Senato: caos per l’elezione del presidente della commissione Affari Costituzionali

L'aula del Senato a Palazzo Madama. REUTERS/Alessandro Bianchi
Senato,

ROMA. – Stop dei lavori per la commissione Affari Costituzionali del Senato che non riesce ad eleggere il nuovo presidente. Tutto precipita a metà mattina quando buona parte dei commissari è pronta a votare Salvatore Torrisi (Ap), vicepresidente e di fatto reggente della commissione dal 12 dicembre quando Anna Finocchiaro giura come ministro del governo Gentiloni, ma il tavolo salta per un “accordo tra Pd-FI e Gal”, subito “denunciato” da Roberto Calderoli.

“Il Pd – dichiara il vicepresidente del Senato – non potendo far eleggere un suo candidato, preferisce, trovando sponda in FI e Gal, far slittare il voto”. E’ “comprensibile” che il Pd, “non avendo i numeri”, scelga di posticipare, commenta, ma è “incomprensibile che abbia trovato sponda in FI e Gal”.

E, a riprova della sua tesi sul “complotto” subito ribattezzato “Zandareno”, esibisce la lettera del capogruppo di Gal, Mario Ferrara, in cui ammette di avere un uomo in più in commissione (il 7 marzo Mario Mauro è tornato al gruppo di FI e pertanto Gal dovrebbe avere in prima commissione un solo esponente e non due: Paolo Naccarato e Gaetano Quagliariello).

L'”irregolarità” fa saltare la votazione, ma scatena la protesta delle opposizioni che con Mazzoni di Ala in primis denunciano che così non si può continuare a lavorare. “Se c’è un’irregolarità per votare il presidente – dichiara la capogruppo del Misto Loredana De Petris – allora c’è su tutto”.

E i commissari incrociano le braccia e si appellano al presidente del Senato Grasso affinché intervenga per sanare la questione. Grasso interviene subito scrivendo una lettera a Ferrara nella quale gli chiede di togliere l’uomo in più altrimenti ci penserà lui.

Grasso aveva già scritto il 16 marzo a Ferrara, ma questo, si commenta, aveva fatto “orecchie da mercante” anche perché i “suoi” sono uno di maggioranza (Naccarato) e uno di opposizione (Quagliariello) e la scelta in una commissione che potrebbe arrivare a breve a occuparsi di legge elettorale non è cosa da poco.

In realtà secondo Lega e SI, Ferrara avrebbe “retto il gioco al Pd” (aiutandolo a far saltare il voto visto che non aveva i numeri per far eleggere il suo candidato, Franco Mirabelli) in cambio di un “aiutino” per far eleggere il proprio candidato Giovanni Mauro a segretario d’Aula. Cosa che puntualmente avviene in serata: Mauro incassa 126 voti. “Macché complotto – sbotta Francesco Russo (Pd) – la prossima settimana la questione si risolverà eleggendo un nuovo presidente della commissione. Tutto qui”.

Ma la cosa non si annuncia facile visto che il Pd sembra diviso su vari punti: sull'”asse che si sarebbe ricreato tra renziani e Verdini”, con quest’ultimo che prova a far eleggere anche il suo candidato Pietro Langella a segretario d’Aula, ma senza riuscirci (30 voti). E sul fatto che al vertice della commissione aspirino anche i Dem Giorgio Pagliari e Roberto Cociancich. Infine sulla commissione d’inchiesta banche che Renzi vuole e Zanda no. Bracci di ferro che non fanno ben sperare anche perché il Pd in commissione ha numeri ristretti.

(Di Anna Laura Bussa/ANSA)