Premio lista unisce Pd e M5s, ma il tavolo delle trattative è rinviato a maggio

ROMA. – Il premio di maggioranza alla lista. E’ a partire da questo comune interesse che Pd e M5s si lanciano i primi segnali di dialogo sulla legge elettorale. L’intesa è tutta da costruire: si entrerà nel vivo non prima di maggio, quando il Pd avrà eletto il segretario. E un ostacolo non da poco è la diffidenza reciproca tra piddini e grillini. Anche per questo i Dem vogliono costruire l’accordo anche con FI superando i dubbi di Silvio Berlusconi.

Un patto a tre, una sorta di “cartello” tra i grandi partiti, potrebbe nascere – osserva più di un parlamentare renziano – dal comune interesse a ottenere governabilità e limitare la frammentazione dei partitini. Superato nei fatti il Mattarellum, il Pd punta a una legge che, spiega Emanuele Fiano, “abbia un principio maggioritario”.

E così sembrerebbe essere escluso quello che M5s chiama ‘Legalicum’, ovvero l’estensione al Senato dell’Italicum così come corretto dalla Consulta, dal momento che il risultato sarebbe un proporzionale quasi puro. Ma in realtà l’opzione è in campo ed è una base di partenza di un dialogo che i grillini auspicano apertamente, sia pure stando attenti a non dare l’impressione di una trattativa coperta: “Gli accordi sottobanco Renzi li faccia col gemello Berlusconi”, dice Danilo Toninelli.

Prove di dialogo Pd-M5s erano già emerse mesi fa, ma si erano arenate sulla richiesta dei grillini di cancellare i capilista bloccati. Ora, secondo fonti parlamentari, M5s potrebbe anche arrivare ad accettarli, in nome del superiore interesse ad assicurare al Paese una legge elettorale. Ma il Pd potrebbe al contrario proporre di eliminare i capilista bloccati e eleggere i parlamentari in collegi uninominali (che però non piacciono a M5s).

Solo ipotesi, ad ora. Le basi però ci sono: Dem e M5s concordano su premio di maggioranza alla lista (ai grillini piacerebbe un premio fisso al primo partito anche se non ha il 40% dei voti ma il Pd ha dubbi) e su una soglia di sbarramento alta (ora è 3% Camera e 8% Senato: i renziani propongono 5%). Una posizione attendista viene tenuta intanto da Berlusconi, che aspetta gli esiti del congresso Pd, ma il leader di Fi sembra però preferire il premio alla coalizione, che aiuterebbe a ricucire con Lega e Fdi. La coalizione piace anche a sinistra: “I candidati Pd prendano posizione su un’alleanza di centrosinistra”, dice Giuliano Pisapia.

Ma il dialogo Pd-M5s preoccupa i piccoli partiti, da Ap a Mdp: il profilarsi di una legge che li penalizzi potrebbe pure portarli, secondo qualche deputato Dem, a far cadere il governo per andare al voto. Ogni scenario però è futuribile, fino al 30 aprile.

I primi risultati del voto tra gli iscritti al Pd (contestati però dagli orlandiani) danno Renzi attorno al 60%, in netto vantaggio su Orlando ed Emiliano. Ma tutto si deciderà nei gazebo e gli sfidanti provano a incalzare: con Renzi il Pd “rischia di perdere le elezioni”, sostengono entrambi. “Renzi – attacca Orlando – rilancia l’ipotesi di una detassazione generalizzata ma è sbagliato perché bisogna pensare prima ai più deboli”.

(di Serenella Mattera/ANSA)