Trump trema, Flynn pronto a deporre in cambio dell’immunità

L'ex Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Michael T. Flynn
L'ex Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Michael T. Flynn
L’ex Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Michael T. Flynn

WASHINGTON. – “Ha una storia da raccontare”. L’avvocato di Mike Flynn, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump costretto alle dimissioni poco dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, motiva così l’offerta da parte del generale in pensione di testimoniare – in cambio dell’immunità – nell’ambito dell’inchiesta sul Russiagate. Vale a dire sui presunti contatti tra l’entourage di Trump e rappresentanti russi che gli sono costati il posto.

“Nessuna persona ragionevole si sottoporrebbe senza garanzie ad un interrogatorio in un ambiente così politicizzato e da caccia alle streghe”, afferma il legale.

E’ l’ultimo colpo di scena sul fronte di quello scandalo che soffia sul collo di Trump, e che il presidente continua a liquidare come ‘fake news’, puntando il dito contro i media. Ancora una volta, via Twitter, affermando che Flynn fa bene a chiedere l’immunità, perché – scrive – “questa è una caccia alle streghe dei media e dei dem di proporzioni storiche!”.

Il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, spiega che il presidente vuole che Flynn deponga, e che non c’è alcuna preoccupazione sul fatto che tale deposizione possa coinvolgere il tycoon. E rilancia le accuse a Barack Obama a proposito di intercettazioni: “Stanno emergendo sempre più elementi che vanno in questa direzione”.

Eppure la trama si complica per il presidente, che tenta disperatamente di scrollarsi di dosso l’ombra che sulla sua vittoria ci sia lo zampino di Putin o comunque la poca ‘accortezza’ nel voler comunicare con Mosca con troppa disinvoltura. Mentre c’è già chi gli ricorda quando in campagna elettorale associava la richiesta di immunità ad una potenziale colpevolezza (e spuntano puntuali sui network tv le immagini di archivio).

Flynn era stato costretto a dimettersi per aver nascosto al vicepresidente Mike Pence di aver discusso con l’ambasciatore russo in Usa delle sanzioni americane prima dell’insediamento di Donald Trump. Fatto che ha sollevato dubbi su quanto, cosa e quando il presidente sapesse.

Da qui l’inchiesta che viaggia tra l’altro su più binari: alle commissioni intelligence di Senato e Camera e all’Fbi, per stabilire se membri dell’entourage di Trump siano coinvolti nel tentativo di Mosca di interferire nelle elezioni americane.

Fonti del Congresso fanno presente che al momento l’offerta di Flynn, con la richiesta di immunità, non è in agenda: almeno non “fino a quando non si procederà ulteriormente nelle indagini e si capirà meglio quale tipo di informazioni Flynn possa offrire come parte dell’accordo”.

Non è escluso quindi che in una fase successiva la testimonianza di Flynn possa essere considerata cruciale al punto da accettare la sua richiesta. Intanto è il capo del Pentagono Jim Mattis a lanciare un nuovo affondo anti-russo: da Londra ha accusato Mosca di “inquinare in giro” per il mondo “le elezioni di altri popoli” e di violare il diritto internazionale sullo sfondo del conflitto in Ucraina.

Un atteggiamento di certo più esplicitamente polemico rispetto a quello di Trump, ma che se espresso dal responsabile della Difesa della sua amministrazione non è escluso possa costituire una sponda per il presidente.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)