L’inflazione rallenta, Draghi contro i falchi della Bce

ROMA. – Mario Draghi e il partito delle ‘colombe’ della Bce avevano visto giusto. La fiammata dell’inflazione registrata nei mesi scorsi, soprattutto in Germania dove a febbraio aveva sforato la soglia critica del 2%, non era che un fuoco di paglia e non preludeva a una stagione di surriscaldamento dei prezzi. Uno scenario che ha trovato conferma nei dati diffusi oggi: a marzo, nell’Eurozona l’inflazione ha rallentato il passo più del previsto all’1,5% dal 2% di febbraio, smentendo gli allarmismi dei falchi – tedeschi in primis – nell’affondo contro la politica ultra-espansiva difesa da Draghi.

In Italia l’indice dei prezzi al consumo rilevato dall’Istat ha segnato un calo tendenziale all’1,4% dall’1,6% di febbraio in linea con il rallentamento già certificato dai dati diffusi ieri sull’inflazione in Germania (in calo a +1,5% su base annua dal +2,2% di febbraio) e in Spagna (al 2,1% contro il +3% di febbraio).

Un trend che dà ragione alla cautela perseguita dal presidente della Bce che ha sempre respinto con decisione il pressing dei Paesi falchi per accelerare l’uscita dal quantitative easing e dall’era dei tassi sottozero. Draghi ha più volte puntualizzato che i prezzi al consumo ancora non evidenziano “segnali convincenti di una tendenza al rialzo” e che l’inflazione di fondo (al netto delle componenti energetica e alimentare) “continua ad essere debole”, per cui è ancora presto per pensare alla exit strategy e a un avvio di politiche restrittive.

Benoit Coeuré, membro dell’ esecutivo della Bce, ha confermato che la ‘guidance’, cioè l’orientamento delle aspettative circa le decisioni future di Francoforte, rimane valida sia riguardo al Qe, che da domani scende a 60 miliardi al mese, sia riguardo alla sequenza delle prossime manovre.

La prospettiva di politiche accomodanti indebolisce l’euro che resta sotto la soglia 1,07 dollari (1,0685 dollari), mentre la Federal Reserve appare sempre più determinata a varare quest’anno altri due stretta monetarie. Giornata opaca per le Borse europee focalizzate – oltre che sull’inflazione – sulle svolte protezioniste di Donald Trump.

Solo nel finale, le piazze del Vecchio Continente hanno trovato lo spunto per reagire e chiudere in territorio positivo. Milano archivia un +0,61%; Parigi +0,65% e Francoforte +0,46%. Unica eccezione per Londra (-0,6%) che ha scontato il crollo di Old Mutual (-7,3%).