Al Sisi da Trump alla Casa Bianca: “Insieme contro l’Isis”

WASHINGTON. – Piena sintonia tra Donald Trump e Abdel Fattah Al Sisi, primo presidente egiziano a mettere piede alla Casa Bianca dopo otto anni di rapporti conflittuali con il Cairo sotto l’amministrazione Obama, in particolare per la questione dei diritti umani. Questione che il tycoon ha deciso di sollevare “in modo privato”, per non irritare un alleato considerato fondamentale per la comune lotta al terrorismo e la stabilità regionale, mentre Obama si era speso per chiedere chiarimenti anche sull’omicidio Regeni.

“Voglio solo che si sappia, nel caso ci siano dubbi, che sosteniamo molto il presidente al Sisi e il popolo egiziano. Al Sisi ha fatto un lavoro fantastico in una situazione molto difficile”, ha dichiarato Trump nello studio Ovale dopo una calorosa stretta di mano che aveva invece negato ad Angela Merkel.

“Usa ed Egitto combatteranno il terrorismo insieme”, ha proseguito il presidente Usa, assicurando di essere stato vicino al leader egiziano sin dal loro primo incontro durante la campagna elettorale, quando lo definì “una persona fantastica”.

Al Sisi ha ricambiato, dicendo di apprezzare “profondamente la personalità unica” del presidente Usa, in particolare per la sua determinazione nel combattere il terrorismo. E non ha mancato di sottolineare con una punta polemica di essere il primo presidente egiziano invitato alla Casa Bianca negli ultimi otto anni.

In effetti con Obama i rapporti si erano raffreddati a tal punto che gli Usa avevano sospeso gli aiuti militari, aprendo un”autostrada’ per la Russia. Ora Trump vuole riallacciare l’alleanza per accelerare la pressione militare contro l’Isis e aumentare la stabilità del Medio Oriente, dal conflitto israelo-palestinese alla Siria, dove Al Sisi sostiene il presidente Assad.

Non a caso ha già ricevuto alla Casa Bianca il principe saudita Mohammed bin Salman e mercoledì accoglierà il re di Giordania, segnando una netta inversione di rotta a favore del fronte sunnita, cui Obama aveva voltato le spalle.

Al Sisi è arrivato a Washington per chiedere più rispetto (cosa che ha già incassato), più soldi (finora ha avuto 77 miliardi di dollari) e più armi. Secondo alcune fonti vorrebbe 1,3 miliardi di dollari in più negli aiuti militari che il Cairo riceve ogni anno. La Casa Bianca ha promesso di mantenere un livello di supporto “forte e sufficiente”, ma bisogna vedere come riuscirà a far quadrare i conti con gli annunciati tagli agli aiuti internazionali.

Il presidente egiziano preme anche perché gli Usa definiscano come organizzazione terroristica i Fratelli musulmani, di cui ha spazzato via il governo nel 2013 con un incruento colpo di stato, seguito perè da una repressione implacabile e sanguinosa.

“Invitare al Sisi per una visita ufficiale a Washington mentre decine di migliaia di egiziani marciscono in carcere e quando la tortura e’ nuovamente all’ordine del giorno è un modo strano per costruire una stabile relazione strategica”, ha accusato Human rights watch (Hrw).

La questione dei diritti umani resta ineludibile, secondo gli esperti, perché la repressione brutale, insieme all’aggravarsi della crisi economica del paese, diventa un incubatore di massa per il radicalismo. Alla fine nessuna conferenza stampa congiunta.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

Lascia un commento