Ritorno a Castelluccio, salva la semina della lenticchia

A Castelluccio, paese fioritura non c'è più
A Castelluccio, paese fioritura non c’è più

NORCIA (PERUGIA). – Tre ore e mezzo di strada tra frane, massi e una galleria spaccata che fa paura: un viaggio lungo e difficile, iniziato da Norcia, che segna la rinascita di Castelluccio, frazione devastata dal terremoto e ora disabitata. Lo dicono gli agricoltori che hanno raggiunto il Pian grande a bordo di oltre venti trattori, con i quali hanno già iniziato ad arare la terra per poi procedere, nei prossimi giorni, alla semina della lenticchia. Che permetterà ancora di assistere allo spettacolo unico della fioritura a fine giugno.

“È un giorno storico, cinque mesi dopo la scossa di terremoto che ha distrutto tutto siamo potuti tornare nella nostra terra, siamo tornati a vivere”, racconta Gianni Coccia, che in questi mesi si è fatto portavoce delle istanze degli agricoltori del borgo sulle pendici dell’Appennino. Dove non si può entrare, perché è ancora tutto inagibile.

A Castelluccio, dal 30 ottobre scorso non ci vive più nessuno, ci sono solo i militari a garantire la sicurezza della “zona rossa”. “Ma per noi è come essere tornati a casa”, racconta Davide, un ragazzo di 20 anni che ha il sorriso stampato in faccia. “E qui – aggiunge – vogliamo tornare a vivere per sempre. Sappiamo che i tempi saranno lunghi, ma ce la faremo”.

“Castelluccio, la lenticchia, la fioritura, sono il nostro mondo” dice Stefano, che è un altro dei giovani agricoltori di questa terra.

Insieme alle emozioni di chi è appena arrivato nella piana, con sullo sfondo il monte Vettore ancora imbiancato e l’Italia scolpita sulla montagna, prima c’è un viaggio tutto da raccontare. Quello che, partito dal campo base dell’esercito a Norcia alle 8.30, è giunto a destinazione qualche minuto dopo mezzogiorno. E che l’ANSA ha fatto con gli agricoltori.

La lunga colonna mobile dei trattori, le auto della protezione civile e del Soccorso alpino, quelle delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco e alcuni mezzi privati si muove alla “conquista di Castelluccio dopo l’esilio forzato”, come dice spavaldo Diego che è alla guida del mezzo agricolo che ci accompagna a Castelluccio.

La strada individuata dall’Anas per consentire il passaggio dei trattori è quella che passa nella la galleria di Forca Canapine chiusa al traffico per i danni provocati dalle scosse. Ed è proprio qui il momento più delicato dell’intero viaggio. I trattori giunti all’imbocco del tunnel vengono fatti fermare: guardia di finanza e polizia municipale controllano i permessi.

Il transito in galleria viene permesso scaglionato, non più di cinque mezzi alla volta. Si entra in galleria: il punto attraversato dalla faglia è stato messo in sicurezza con le impalcature. I danni sono evidenti. Così come lo sono quelli al ponte in uscita dalla stessa galleria, con il manto stradale tanto sconnesso da far sobbalzare i trattori.

L’intera “carovana” prima di imboccare la via della montagna si ferma una ventina di minuti, sui trattori vengono issate le bandiere dell’Italia, dell’Europa e della Coldiretti. Si riparte. Ad attendere il passaggio dei mezzi c’è il valico di Forca Canapine. Ai lati ancora un po’ di neve.

È il momento di iniziare la discesa verso Pian grande e c’è da percorrere un tratto disastrato della provinciale 477, metà strada è franata e i trattori procedono lentamente. Ma ormai Castelluccio è vicino, la piana è sullo sfondo. Pochi minuti ed ecco che i trattori con le bandiere al vento entrano nel Pian grande.

Si arriva sotto l’Italia ‘scolpita’ sul fianco della montagna. I mezzi vengono schierati, gli agricoltori guardano lontano e scrutano il cielo. “Siamo tornati nella nostra terra” esultano mentre saltano i tappi di spumante e il volto di qualcuno si riga di lacrime.

(di Gianluigi Basilietti/ANSA)

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