Pietroburgo e Idlib irrompono sul disgelo tra Russia e Usa

(ANSA/AP Photo/Dmitri Lovetsky)
Una foto tratta da un profilo Twitter mostra gli effetti dell’attentato nella metro di San Pietroburgo (Russia), 3 aprile 2017. ANSA/ TWITTER

MOSCA. – Opportunamente, l’attentato di San Pietroburgo può dare una mano a Vladimir Putin nell’accelerare il processo di avvicinamento tra la Russia e gli Stati Uniti dell’era Trump. ‘The Donald’, quando a Mosca era già notte fonda, ha infatti chiamato lo zar per porgergli le “condoglianze” dell’America e offrirgli “il pieno sostegno degli Stati Uniti nel rispondere all’attacco e nel portare davanti alla giustizia i responsabili”.

“Il terrorismo – ha chiosato Trump – è un male che deve essere combattuto congiuntamente”. Sarà anche una frase fatta, che ritorna come un mantra all’indomani di ogni attentato, ma quando di mezzo ci sono Russia e Usa, alle prese con una crisi definita da alcuni persino peggiore della Guerra Fredda, ogni lancia spezzata è meglio di una lama affilata.

Putin, d’altra parte, lo ripete da anni: non esistono terroristi ‘buoni’ e terroristi ‘cattivi’, nemici del tuo nemico e dunque, se non proprio amici, almeno interlocutori. Basta con i ‘doppi standard’ tipici di un Occidente ipocrita e opportunista: contro l’estremismo islamico si vince solo se si è uniti.

La mano tesa di Trump è dunque un segno che va nella giusta direzione. Mosca, d’altra parte, ha già detto – per bocca del ministro degli Esteri Serghei Lavrov – di aspettarsi che la visita del segretario di Stato Rex Tillerson possa avvenire così “come programmato” per avere, in quella sede, una conversazione “franca”. Una data ufficiale non c’è ancora ma dovrebbe essere imminente.

Trump, in tutto questo, è sempre alle prese con le rogne del Russiagate, che in Russia è visto come un tentativo di minare alla base il ‘reset 2.0’ tra Washington e Mosca, questa volta sulla base d’intese più potabili per lo zar – ovvero un riconoscimento tangibile della sfera d’influenza russa nello scacchiere globale.

L’evento più atteso è senz’altro l’incontro a quattr’occhi fra i due leader, il cui timing – il Cremlino è stato non chiaro, cristallino su questo punto – ormai dipende interamente dalla Casa Bianca. Certo, se l’attentato di San Pietroburgo (cinicamente) rende più semplice la creazione di un asse Putin-Trump, la ‘strage degli innocenti’ nella provincia siriana di Idlib complica nuovamente lo scenario, con Ankara – garante insieme a Mosca e Teheran della fragile tregua in Siria – che senza mezzi termini la definisce “un crimine contro l’umanità” e la Francia che chiede una riunione urgente dell’Onu.

Il macabro ping-pong Pietroburgo-Idlib diventa così la prova più dura per testare la nuova linea Usa, che non considera più la dipartita di Assad come la precondizione per la pace in Siria. Una svolta nel risiko siriano che Mosca ha assai gradito.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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