Vinitaly: da Trump e Brexit incognite su export vini Italia

ROMA. – Alla vigilia di Vinitaly, dal 9 al 12 alla fiera di Verona, due mercati fondamentali per l’export del vino italiano, Stati Uniti e Regno Unito, presentano nuove incognite per gli operatori che si stanno interrogando sull’impatto della Brexit e dei superdazi voluti dal presidente Usa Donald Trump, anche se i vini made in Italy non ne sono finora coinvolti.

L’Italia, sulla base delle ultime rilevazioni Ismea, è il primo paese fornitore di vino negli Usa, sia in valore (1,6 miliardi di euro, + 6,1% rispetto al 2015, meglio anche della Francia, ferma a 1,4), che in volume (3,2 milioni di ettolitri).

“Le tensioni con Usa e Gran Bretagna – osserva il presidente Federvini, Sandro Boscaini – nascono da due scenari simili (scelte di politica nazionale) ma ben diverse sono le implicazioni. Per la Brexit è prematuro immaginare se e come saranno modificati i trattati commerciali, ma sia Usa che Gran Bretagna mostrano cosa vogliano dire le pulsioni a chiudere il mercato.

Per l’Italia vinicola la preoccupazione è innegabile, ma ci auguriamo che alle prime forti schermaglie politiche segua una fase di confronto teso a costruire migliori relazioni e non a bruciare tutto quello che è stato realizzato fino ad oggi”.

Tra le cantine cooperative italiane, che commercializzano il 56% di tutti i vini e gli spumanti italiani venduti negli Stati Uniti, trapela invece “un timido ottimismo”.

“Non immaginiamo uno scenario oltreoceano – spiega la coordinatrice del Settore vino dell’Alleanza Ruenza Santandrea – che possa repentinamente mutarsi in una forte ostilità verso i nostri vini. Gli Usa del resto hanno anche un notevole peso come Paese esportatore di vino, collocandosi al settimo posto nella graduatoria mondiale in volume e al quinto in valore: se venissero messi dazi e barricate, tutti gli scambi commerciali subirebbero un contraccolpo e gli stessi produttori californiani finirebbero per essere penalizzati”.

“Quello americano è un mercato maturo e in crescita e gli americani sono ormai consumatori evoluti”, confermano le cooperative che hanno maggiori quote di mercato nell’export a stelle e strisce. “Vinitaly, conclude il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, “è la meta preferita dagli operatori provenienti dagli States: ad oggi sono già quasi 1.500 i buyer Usa registrati per l’edizione 2017, con una tendenza positiva rispetto all’anno precedente. E sono 13 le aziende nordamericane espositrici.

Il programma di internazionalizzazione verso gli Usa prevede poi un ulteriore rafforzamento sia attraverso un pacchetto di investimenti previsti dal piano industriale della Spa con lo sviluppo di iniziative fieristiche e di eventi negli Usa, sia nell’ambito del piano di promozione straordinaria del Made in Italy promosso da Mise e Mipaaf e che vede Veronafiere con Vinitaly partner operativo con Ice su questo mercato”.

(di Alessandra Moneti/ANSA)

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