Il Pd passa la mano al “fronte No”, ma apre a Legalicum

ROMA. – Il Pd butta la palla in campo avversario sulla legge elettorale. “Il fronte del No al referendum, al Mattarellum, all’Italicum, quello di chi ha votato il centrista Torrisi alla presidenza della commissione Affari costituzionali del Senato e ora è maggioranza, ci faccia qualche proposta”, dice Matteo Renzi.

Non ci sta, l’ex premier, ad assumersi la responsabilità di un’impasse che dura da mesi e non accenna a sbloccarsi. La riforma della legge elettorale è ferma in attesa dell’esito del congresso del Pd ma, sostengono i Dem, è soprattutto ostaggio dei no di chi vuole tenersi un sistema iper-proporzionale, a partire dai “partitini”.

L’unico modo per accelerare potrebbe essere un patto tra i grandi partiti. Ma Berlusconi continua a tenere una posizione attendista e sembra tentato, per compattare il centrodestra, dal premio alla coalizione, cui invece Renzi e Grillo sono contrari. Dunque, un asse inedito potrebbe nascere proprio tra Dem e M5s. Ma sull’estensione al Senato dell’Italicum (così come corretto dalla Consulta) i Cinque stelle hanno già posto due condizioni: che diventi “Legalicum”, ovvero spariscano capilista bloccati e multicandidature.

Anche a questa proposta i renziani – è la novità delle ultime ore – sono tentati di aprire: resterebbe un sistema proporzionale, con sbarramento al 3% (potrebbe tentare anche i bersaniani di Mdp) e preferenze. Ma per ora non si è aperto un dialogo formale, sia perché Pd e M5s non si fidano gli uni degli altri, sia perché da soli al Senato non basterebbero (hanno 134 senatori in tutto, ne servirebbero altri trenta).

Renzi sfida ora gli avversari a indicare una soluzione. Ma dal Pd Vannino Chiti, che sostiene Orlando al congresso, invita a sparigliare con una proposta con collegi uninominali e un premio di governabilità del 10%. L’unica soluzione per superare l’impasse, sostiene il senatore Dem Nicola Latorre, è un decreto del governo, per far sì che i partiti siano vincolati dai 60 giorni di conversione del decreto a trovare un’intesa.

Ma il governo non ha al momento alcuna intenzione di intervenire: Paolo Gentiloni si è presentato come “facilitatore” del dialogo tra i gruppi e resta fedele a quel ruolo, senza spingersi oltre.

Mercoledì in commissione alla Camera il presidente Andrea Mazziotti verificherà se altri sistemi elettorali hanno un consenso più ampio del Mattarellum, fermo a 26 voti su 50 (Pd, Lega, Ala, Svp). Ai renziani sarebbe giunto un invito informale a dichiarare anche il suo favore all’Italicum corretto, per appurare quanti voti avrebbe.

Altra soluzione (bocciata però dai costituzionalisti) sarebbe un proporzionale con premio fisso al partito più votato. Ma a rendere ancor più complesso sbrogliare la matassa, ci sono i ‘dettagli’ che andrebbero perfezionati, come la doppia preferenza di genere: si voterebbe a scrutinio segreto e allora non è detto che al Senato, dove le donne sono 90 su 315, la proposta passerebbe.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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