I Dem bocciano Gorsuch, i repubblicani cambiano le regole

Trump tradito da Gorsuch
Trump tradito da Gorsuch

WASHINGTON. – Altissima tensione sulla ‘collina del potere’ a Washington, dove si sposta la lotta politica che corre lungo le due estremità di Pennsylvania Avenue, da Capitol Hill alla Casa Bianca. E’ salva la nomina del giudice conservatore Neil Gorsuch, scelto dal presidente Donald Trump per riempire il posto alla Corte Suprema lasciato vuoto dalla scomparsa di Antonin Scalia lo scorso anno.

Ma soltanto dopo una lotta senza esclusioni di colpi al Senato: un vero e proprio ‘showdown’ tra democratici e repubblicani che ha portato questi ultimi a forzare un cambiamento di regole sulla votazione per superare l’ostruzionismo dell’opposizione, cambiamento destinato però a lasciare traccia per generazioni.

Una presenza quasi record in aula al Senato fin dalla mattina e subito la promessa mantenuta dei democratici di fare muro contro Gorsuch: con 55 voti favorevoli e 45 contrari bloccano la conferma del giudice proposto dal presidente Trump per la Corte Suprema. Le regole – ancora vigenti nella prima parte della mattinata a Washington – prevedono che la conferma sia approvata con una soglia di 60 voti favorevoli sui 100 complessivi.

Messo in atto quindi, puntuale, l’ostruzionismo annunciato da parte dei democratici guidati dal leader della minoranza al Senato Chuck Schumer, con la motivazione che Gorsuch non abbia convinto sulla sua capacità di rimanere imparziale. Ma l’intento è politico: provare che i democratici (dove possono) l’opposizione a Trump intendono farla fino in fondo. Al punto che per ‘fermarli’ i repubblicani sono costretti ad invocare l’opzione nucleare. Un’azione di forza di fatto che consente loro di cambiare le regole in corso d’opera.

Mossa rara ed estrema, ma che arriva puntuale: le regole cambiano e la conferma di Gorsuch – probabilmente già nelle prossime ore con la prevista votazione finale – è possibile con la maggioranza di 51 voti su 100, su cui i repubblicani possono contare. Un braccio di ferro che è sintomo del clima infuocato a Capitol Hill, scossa anche dall’annuncio del ritiro temporaneo del presidente repubblicano della commissione intelligence alla Camera Devin Nunes dalla guida dell’inchiesta sul cosiddetto Russiagate.

Nunes era stato travolto dalle critiche dopo che era andato di persona ad informarne la Casa Bianca degli sviluppi, instillando così dubbi sull’imparzialità della sua condotta. Una Casa Bianca tra l’altro a sua volta scossa dal caso Bannon. Stando ai retroscena lo stratega di Trump avrebbe minacciato di lasciare la Casa Bianca dopo l’ennesimo scontro con il più ‘moderato’ Jared Kushner, e che la ‘crisi’ sarebbe rientrata soltanto dopo l’intervento presso Bannon di una importante finanziatrice, Rebekah Mercier, la cui famiglia è tra i principali investitori nel sito Breitbart News.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)