Analisi: I muscoli di Trump e la rabbia di Putin

ROMA. – Donald Trump mostra i muscoli e manda un messaggio inequivocabile a Bashar al Assad ma, soprattutto, a Vladimir Putin. Quello che era vero ieri oggi non vale più e chissà se sarà vero domani. Parlare di un ritorno alla Guerra Fredda è prematuro. Ma sicuramente parlare di un nuovo dialogo tra Washington e Mosca, come nelle scorse settimane, sarebbe ora surreale.

Tutto è saltato e, come nel gioco dell’oca, si torna alla casella di partenza. Dopo aver detto che un cambio di regime a Damasco era fuori discussione, il presidente Usa, in una notte, ha cambiato idea e ha lanciato i suoi Tomahawk contro la base siriana da cui erano partiti i raid che hanno ucciso, con i gas, bambini e civili siriani a Idlib.

La reazione di Putin è stata rabbiosa: gli Usa, ha detto, hanno ‘violato’ la legge internazionale, compiuto un atto di aggressione contro uno Stato sovrano’ e dato un ‘grave colpo’ ai rapporti Russia-Usa. I russi dimenticano di parlare dei loro soldati sul terreno, della loro navi attraccate nei porti di Assad e dei loro aerei in volo sui cieli siriani.

E il loro linguaggio in effetti ricorda molto da vicino i duelli verbali dei tempi della contrapposizione Usa-Urss, ma i tempi sono cambiati e proprio l’imprevedibilità del nuovo presidente americano è l’ostacolo più difficile da comprendere e da superare per Putin.

Trump ha cambiato linea nei vari dossier di politica estera numerose volte seguendo l’istinto e affidandosi ai tweet. Putin ragiona secondo la vecchia scuola diplomatica che Trump neanche conosce e che, probabilmente, non vuole neanche conoscere.

Certamente Trump ha dato un segnale chiaro a Putin e a tutti i protagonisti del mattatoio siriano. Non siamo più di fronte ai raffinati ragionamenti di Obama, ma neanche alle sue incertezze. Nell’epoca della post verità, tema caro a diversi stretti collaboratori del presidente americano, l’attacco di Trump alla Siria non ha davvero bisogno di molte spiegazioni.

Così come è sempre più chiara l’inadeguatezza della vecchia Europa incapace di incidere nelle grandi sfide di inizio millennio e di darsi una comune visione del mondo, una condivisa idea del futuro. Ancora peggio va dalle parti dell’Onu. Molte parole sdegnate e molte condanne, ma il palazzo di vetro è rimasto paralizzato dal veto russo su una risoluzione contro Assad. Non è la prima volta, non sarà l’ultima.

La diplomazia arranca. E Trump va per la sua strada.

(di Stefano Polli/ANSA)

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