Allarme Toshiba, a rischio il futuro dell’azienda

TOKYO. – Dopo due tentativi falliti Toshiba annuncia la pubblicazione dei conti societari, malgrado la mancata approvazione dei revisori della PricewaterhouseCoopers, e rivela che la perdita per l’intero anno fiscale potrebbe superare i 1.000 miliardi di yen, l’equivalente di 8,6 miliardi di euro. Per il conglomerato nipponico fondato nel 1875 è a rischio la stessa continuità aziendale: i conti dei 9 mesi da aprile al dicembre 2016 evidenziano un rosso di circa 4,5 miliardi di euro, generato in gran misura dalle svalutazioni delle divisione statunitense Westinghouse, sfociate nella procedura del Chapter 11, il concordato preventivo richiesto a metà marzo.

Da parte sua, la società di revisione PricewaterhouseCoopers ha reso noto che non era in grado di stabilire una valutazione finale sull’operazione di acquisizione delle sussidiarie CB&I Stone & Webster da parte della Westinghouse negli Stati Uniti.

Dopo avere investito nelle attività nel 2006, cinque anni prima della catastrofe di Fukushima, le prospettive legate alla costruzione di nuove centrali nucleari negli Stati Uniti si sono arenate a causa del mutamento dell’opinione pubblica nei confronti dell’atomo, e con normative sempre più rigorose legate alla sicurezza degli impianti.

Nella conferenza stampa che ha seguito la pubblicazione dei risultati il presidente Satoshi Tsunakawa ha detto di credere nella correttezza dei numeri presentati, e che farà il possibile affinché il titolo della compagnia non sia escluso dal listino di Borsa, precisando che la compagnia abbandonerà ogni progetto legato all’espansione delle attività nucleari.

Il rilascio odierno dei risultati – dopo le mancate presentazioni di metà febbraio e metà marzo – non garantisce a Toshiba di rimanere una società quotata, dal momento che la società era già sotto osservazione a partire dal precedente scandalo contabile avvenuto nel 2015.

L’azienda a corto di liquidità adesso non ha altra scelta che quella di vendere le divisioni più redditizie, a partire dal business che produce memorie di massa – sul quale si è concentrato l’interesse di 10 gruppi stranieri, generando una valutazione di oltre 2.000 miliardi di yen.

Una decisione non verrà presa prima di luglio, ma il governo di Tokyo ha già lasciato intendere che non consentirà la cessione di attività che considera strategiche per la sicurezza nazionale a società cinesi o coreane. Gli stessi chip che Toshiba realizza sono utilizzati negli uffici governativi e nei database di compagnie nipponiche, rendendo inverosimile un controllo straniero di tale tecnologia.

Più agevole sarà il piano di vendita della divisione che produce apparecchi televisivi, un settore in perdita con un fatturato in calo del 42%. Anche in questo caso, la società che nel 1960 ha introdotto il primo televisore a colori in Giappone dovrà fare i conti con la tradizione, e l’esigenza di una maggiore innovazione nell’astruso cerimoniale della finanza nipponica.

(Di Alessandro Libri/ANSA)

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