L’inflazione frena, ma la famiglia tipo paga di più

Persone ad un mercato ortofrutticolo.
Persone ad un mercato ortofrutticolo.

ROMA. – Cala all’1,4%, a marzo, il tasso di inflazione, dall’1,6% di febbraio. E subito le associazioni dei consumatori intravedono una stangata per le famiglie. I dati definitivi dell’Istat confermano la prima frenata della crescita dei prezzi al consumo dopo quattro aumenti consecutivi. Complessivamente, dall’inizio dell’anno, in Italia come nell’area dell’euro, “i prezzi al consumo hanno accelerato”, osserva la Banca d’Italia nel suo bollettino economico.

Nel primo trimestre l’inflazione in Italia “si è portata in media all’1,3%, toccando i livelli più elevati degli ultimi quattro anni – si legge nel bollettino – Tuttavia la dinamica dei prezzi misurata al netto delle componenti più volatili rimane modesta (intorno allo 0,5%)” e “riflette margini ancora ampi di forza lavoro e capacità produttiva inutilizzati, oltre che una perdurante moderazione salariale”. Le aspettative di inflazione delle famiglie e delle imprese sono state riviste al rialzo, “ma restano nel complesso contenute”.

Il ritorno dell’inflazione, per quanto modesto, allarma le associazioni dei consumatori. L’aumento dei prezzi dell’1,4% a marzo su base annua – a cui si associa una variazione nulla su base mensile -, secondo Federconsumatori e Adusbef porta per una famiglia tipo un aumento del costo della vita di 414 euro.

Solo per i consumi alimentari, a causa del rincaro del 2,3% dei prezzi del cosiddetto carrello della spesa, le ricadute raggiungerebbero 129 euro. I responsabili di questa ‘stangata’ sono – come nei mesi precedenti – i beni energetici non regolamentati, come i carburanti (+11,3% sull’anno) e gli alimentari non lavorati (+6,2%), due capitoli comunque in frenata rispetto a febbraio, quando subivano aumenti del 12,1% i primi e del +8,8% i secondi.

In particolare poi le verdure fresche, che a febbraio avevano segnato un record storico, con rincari del 37,2% dovuti al maltempo, contribuiscono a marzo “a frenare l’inflazione” con un crollo del 13,2% dei prezzi rispetto al mese precedente “grazie all’arrivo delle nuove produzioni”, secondo l’analisi della Coldiretti. Sull’anno comunque vedono ancora aumenti del 22,5%.

In tutte le ripartizioni geografiche, spiega l’Istat, i prezzi fanno registrare tassi tendenziali positivi, quasi tutti in attenuazione o stabili rispetto al mese precedente. Solo la Sardegna mostra una lieve accelerazione della crescita (+1,5%, da +1,3% di febbraio).

E come nel mese precedente è ancora il Sud (+1,6%, da +1,8%) a presentare il maggiore aumento, seguito dal Nord-est (la cui crescita è stabile e pari a +1,5%), dalle Isole (+1,4%, da +1,5%) e dal Nord-ovest e Centro (entrambe +1,3%; rispettivamente da +1,6% e +1,4% del mese precedente).

Tra le maggiori città, i rincari toccano la vetta a Bolzano (+2,1%), e superano la media nazionale anche a Trento (+2%), Milano e Firenze (+1,8%), Napoli e Bari (+1,7%), Venezia e Trieste (+1,6%), Perugia e Catanzaro (+1,5%). All’ultimo posto c’è Ancona (+0,9%), mentre Roma è in penultima posizione a pari merito con Palermo e Bologna (+1,1%).

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