Dopo il lancio fallito, calma surreale a Pyongyang

FOTO EPA/KCNA EDITORIAL USE ONLY
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PYONGYANG. – Il sole primaverile ha illuminato Pyongyang anche domenica: le strade piene di gente, gli addobbi a ricordare il “Giorno del Sole”, la festa appena celebrata per i 105 anni dalla nascita del fondatore Kim Il-sung. Andando in giro la sorpresa è nella quantità di persone e famiglie nei giardini e nei numerosi parchi sparsi per la città, tra picnic, balli e coi più giovani alle prese con lo sport più popolare, la pallavolo. Tornei amatoriali sono diffusi per tutto l’anno quando il meteo lo permette e il tifo, naturalmente, non manca.

Nel giorno di Pasqua a Pyongyang, un passaggio naturale, tra curiosità e diffidenza, è rappresentato dall’affacciarsi nella chiesa cattolica di Jangchan “dedicata a Maria”, nel distretto di Sonkyo. E’ tarda mattinata e il cancello di metallo è aperto. Il primo incontro è con Kim “Francesco” Chol-ung, “presidente” della comunità cattolica.

“Il prete non c’è, ci riuniamo, preghiamo e discutiamo ogni settimana. La messa pasquale l’abbiamo anticipata alle 9 del mattino, peccato siate arrivati ora, c’erano almeno 200 persone”.

La chiesa è ordinata, pulita e illuminata. E’ stata costruita negli Anni ’80, dono “del nostro generale Kim Jong-il (il ‘caro leader’, ndr)”, dice Francesco, indossando un abito stile “Mao” e sul petto l’immancabile spilletta di Kim Il-sung, il “presidente eterno”.

“E’ punto di riferimento dei cattolici in Corea del Nord – aggiunge, quantificandoli in 800 -. Ci sono cappelle nelle città, ma questa è l’unica chiesa. Qui vengono da ogni parte del Paese”, a rimarcare ‘la piena libertà di culto'”.

In sagrestia c’è l’immagine di Papa Francesco. “L’abbiamo qui da prima che si recasse in Corea del Sud nel 2015 – racconta So “Mosè” Chol-su, altra figura attiva della comunità -. Abbiamo apprezzato molto le sue parole e l’appello all’unità della Corea. Ci è stato detto dalla Chiesa sudcoreana (i contatti sono sempre stati tenuti aperti come confermato in passato all’ANSA a Seul, ndr) che sarebbe venuta qui una delegazione. La aspettiamo”.

Il commiato arriva non prima della richiesta (soddisfatta) di una “preghiera comune, a maggior ragione con un italiano”.

Fuori dalla chiesa si alzano le voci da tifo: nel campetto di pallavolo nel parco adiacente c’è una partita in corso. Intorno alla penisola coreana le acque restano agitate, le diplomazie cercano una via d’uscita alla crisi “onorevole per tutti”, ma nella capitale nordcoreana la vita scorre nella sua piena regolarità.

Sul lancio del missile di lunedì (fallito secondo Usa e Corea del Sud) è velleitario trovare conferme. Nei colloqui informali l’indicazione che si ottiene è quella generale sugli sviluppi dei piani nucleari e balistici per “contribuire alla pace non solo della regione, ma del mondo intero”.

La “normalità” non sorprende, è la stessa vissuta dall’ANSA a Pyongyang durante il bombardamento a colpi d’artiglieria dell’ isola sudcoreana di Yeonpyeong del 23 novembre 2010. Fu l’azione militare più grave tra i due Paesi dalla fine della Guerra di Corea: per le strade della capitale quella sera, quando il mondo temeva un nuovo conflitto, risuonarono dagli altoparlanti le musiche rassicuranti a indicare la buonanotte.

(dell’inviato Antonio Fatiguso/ANSA)