Fmi: Pil Italia ultimo nell’Ue, ma può fare di più

Operai lavorando in un'industria metalmeccanica. Istat
Operai lavorando in un'industria metalmeccanica.
FOTO EPA/JIM LO SCALZO

NEW YORK. – L’Italia resta al palo. Pur crescendo leggermente più delle attese nel 2017, il Belpaese è fanalino di coda di Eurolandia con un pil che quest’anno e il prossimo avanza di un modesto 0,8%. Una crescita ”nettamente sotto il potenziale”. Una nota più positiva arriva però dal debito che cresce meno del previsto, attestandosi quest’anno al 132,8%, meno del 133,4% atteso in precedenza, per poi calare al 131,6% nel 2018, sotto il 132% previsto.

A scattare la fotografia dell’Italia al rallentatore è il Fondo Monetario Internazionale, aprendo i lavoro delle riunioni di primavera, le prime dell’era Donald Trump. E proprio al presidente americano, il Fondo lancia indirettamente dei messaggi: di fronte alla ”minaccia” del protezionismo non bisogna capitolare, perché sarebbe un male per tutti. Allo stesso tempo non bisogna neanche lasciarsi tentare dalla deregulation finanziaria perché aumenta i rischi di nuove crisi.

Proprio l”incognita’ Trump è una delle incertezze globali: la politica di bilancio americana, con l’atteso taglio tasse, può avere infatti un impatto ben al di là dei confini statunitensi, con il rischio di innescare anche la ‘corsa’ della Fed nell’alzare i tassi di interesse, mettendo sotto pressione i paesi emergenti.

La ripresa mondiale – afferma il Fmi – ”accelera”, con il ”2017 e il 2018 che saranno decisamente migliori del 2016” afferma il capo economista del Fmi, Maurice Obstfeld. Quest’anno il pil globale crescerà del 3,5%, ovvero 0,1 punti percentuali in più rispetto alle stime di gennaio: è la prima volta in sei anni che il Fondo rivede al rialzo le stime di crescita a breve. Nel 2018 la crescita accelererà al +3,6%.

Restano però molti rischi al ribasso, fra i quali una possibile ”guerra commerciale” ma anche l’incertezza politica in Europa che, dopo la Brexit, torna di nuovo a essere un banco di prova per i populismi, rafforzati dalla vittoria di Trump.

Il Fondo mantiene le distanze dal voto in Francia e in Gran Bretagna, rimandando la decisione ai cittadini e dicendosi disponibile a lavorare con tutti i governi. Ma l’invito degli esperti di Washington è a ricordare i benefici della globalizzazione e i ”miracoli economici” che ha comportato.

Il Fondo cerca poi di stemperare i timori di una dissoluzione dell’euro: a prescindere dei risultati elettorali e nella consapevolezza che molti politici in Europa corrono su piattaforme contrarie all’euro, una cosa è dire via dall’euro, una cosa è uscire realmente. Un addio e una dissoluzione ”richiedono diversi passi e per questo, a nostro avviso, sono poco probabili”.

Nonostante l’incertezza e la più sostenuta velocità americana, la ripresa di Eurloandia è ”attesa procedere” con il pil che salirà quest’anno dell’1,7% e il prossimo dell’1,6%. Pur non cantando vittoria sul rischio deflazione, che resta, il Fmi plaude alla politica monetaria accomodante della Bce e invita l’Europa a spingere sul pedale dell’acceleratore per la pulizia dei bilanci della banche, che continua a pesare in molti paesi, fra i quali l’Italia.

(di Serena Di Ronza/ANSA)