Pd: Orlando e Emiliano contro Renzi, ma ex leader li ignora

ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – Due contro uno: a 12 giorni dalle primarie Andrea Orlando e Michele Emiliano vanno all’affondo di Matteo Renzi indicandolo come “ostacolo al centrosinistra”, il primo, e come responsabile della sconfitta del Pd alle elezioni, il secondo. Accuse che l’ex leader, come si conviene ad ogni candidato in vantaggio, ignora e, proprio per segnare fisicamente la distanza dalle polemiche interne, ufficializza la chiusura della sua campagna il 28 a Bruxelles.

Ma più che per la sfida per la leadership, i renziani si scaldano contro Carlo Calenda che propone la ricerca di “convergenze” con il centrodestra sulle riforme del governo Gentiloni. Nonostante il pressing di Orlando e di Emiliano, il confronto tv su Sky resta l’unico al momento in cui si confronteranno i 3 aspiranti alla segreteria del Pd.

“Servono altri momenti di confronto ma Renzi è indisponibile”, accusa il Guardasigilli che, dopo il secondo posto nel voto tra gli iscritti, non dà per scontato l’esito della battaglia per la leadeship. Michele Emiliano, per il quale la commissione congresso potrebbe trovare una mediazione per riammetterlo in 5 collegi in Lombardia e uno in Liguria dopo l’esclusione per mancanza di firme, non si scoraggia.

“Una vittoria di Renzi – mette in guardia il governatore – probabilmente ci spingerebbe ad elezioni anticipate. Insomma la sua vittoria sarebbe negativa per molte ragioni, la principale è che ci farebbe perdere le elezioni”.

L’ex leader lascia cadere nel vuoto attacchi e sospetti. “Noi non parliamo male degli altri candidati – chiarisce ai suoi – noi non facciamo polemiche: noi raccontiamo le nostre idee per il futuro dell’Italia e dell’Europa”. E proprio Bruxelles sarà la sede dell’ultimo comizio dell’ex premier consapevole che nel rapporto con l’Europa si giocherà gran parte della campagna elettorale per le politiche con M5S.

Ma c’è qualcosa che almeno oggi unisce i tre sfidanti alla segreteria Pd. In un’intervista al Foglio, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda sostiene la necessità di un “riformismo forte” e ipotizza già prima delle elezioni politiche un’intesa con il centrodestra “altrimenti vince la banalizzazione populista”.

“Perché Calenda – ribatte il responsabile Comunicazione della mozione Renzi, Michele Anzaldi – non parla di Alitalia e di altri problemi degli italiani, anziché parlare del Pd? Al Pd ci pensiamo noi egregiamente e tra 15 giorni avremo l’unico segretario di partito eletto in Italia”.

Una reazione stizzita che descrive il malumore dei renziani per una proposta, l’alleanza con il centrodestra sulle riforme, che avrebbe come unico effetto di favorire M5S alle politiche. E la pensano così anche Orlando e Emiliano. “Le larghe intese sono da evitare, si può fare un accordo con le forze moderate del centro destra sulle regole fondamentali ma sul governo abbiamo già dato”, sostiene il Guardasigilli mentre Emiliano esclude Nazareni bis sia ora sia nel caso in cui vincesse le primarie.

(di Cristina Ferrulli/ANSA)

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