Papa, cattolici e politica: “Bene, ma troppe resistenze”

Papa Francesco all'Azione Cattolica
Papa Francesco all’Azione Cattolica

ROMA. – L’appello di papa Francesco ai cattolici a “mettersi in politica, ma nella grande politica, quella con la maiuscola” – pronunciato domenica scorsa durante l’incontro con l’Azione Cattolica – ha suscitato apprezzamenti e, in certi casi, entusiasmi. Ma quello che la realtà concreta dipinge oggi dell’impegno politico dei credenti è uno scenario diverso, caratterizzato da molte resistenze nelle realtà locali, tali da frenare un possibile maggior coinvolgimento di giovani e adulti che pure ne avrebbero l’intenzione e la volontà.

A descrivere una situazione di poche luci e molte ombre è un esperto del campo specifico, don Rocco D’Ambrosio, docente di Filosofia Politica all’Università Gregoriana e animatore della rete di scuole di formazione politica “Cercasi un fine”.

“Continuamente nel suo magistero, sin dalle prime settimane del pontificato, papa Francesco ha fatto riferimento all’impegno dei cattolici in politica – dice all’ANSA -, come quando disse: ‘non fate come Pilato, cioè lavarvi le mani’. E l’accento sulla ‘P’ maiuscola, cioè sulla ‘grande politica’, a mio avviso è un riferimento alle grandi scelte delle forze politiche in termini di benessere distribuito, governo dell’economia e accoglienza”.

Ma nella realtà concreta questo in cosa si traduce?

“Do solo un dato numerico – osserva D’Ambrosio -: a fine anni ’90 furono censite in Italia più di 200 scuole diocesane di formazione politica, quasi quanto il numero delle diocesi. Attualmente sono scese a un terzo. Il che vuole dire che, al di là dell’attenzione a questi discorsi, il mondo cattolico italiano fa fatica ad accogliere l’invito del Papa a una formazione seria da cui scaturisca un impegno alla politica alta”.

Il motivo, per l’esperto, autore tra l’altro del recente “Ce la farà Francesco? La sfida della riforma ecclesiale” di cui è appena uscita negli Usa l’edizione inglese, è che “c’è un modello di Chiesa che non ha superato forme di allergia e di rifiuto della politica, derivanti da un’errata interpretazione della scelta religiosa del Vaticano II”.

La “responsabilità”, secondo D’Ambrosio, “è dei pastori, dei vescovi, e anche dei laici alla guida di associazione, gruppi, movimenti”.

“Il Concilio – ribadisce – aveva detto: si curi assiduamente la formazione politica. Oggi la domanda è: quanta assiduità c’è in questa formazione?”. Il sacerdote e docente fa anche esempi concreti: “In una realtà locale non è difficile trovare 30-40 giovani e adulti che si vogliono formare cristianamente alla politica. Io ho visto in molte realtà queste persone poi in difficoltà a realizzare un itinerario concreto, perché trovavano resistenze nei pastori e in altri laici nell’avviare questi percorsi”.

Quindi “l’impegno non prosegue per quelli che si vogliono formare, ma c’è anche un altro “grosso capitolo”, cioè “la cura pastorale dei cattolici già impegnati in politica, che spesso si sentono abbandonati, soffrono di solitudine”. E anche qui la responsabilità è “dei vescovi, degli uffici diocesani”.

Un aspetto che si riflette su “parlamentari, consiglieri regionali, sindaci”. Insomma, sono lontani i tempi del ‘boom’ delle scuole nate dopo il Centro Arrupe di Palermo, con l’impegno del laicato a cui è stata data però “una risposta in genere molto istituzionale, accademica, che non ha incontrato la domanda reale di formazione politica”.

E i movimenti? “Uno che lavora bene sui temi politici è quello dei Focolari, rispetto ad altri – sottolinea D’Ambrosio – che di politica si sono interessati per condurre affari non sempre puliti. Un altro esempio è l’Azione Cattolica, che ha sempre mantenuto un’attenzione a questi temi, anche se raramente l’attenzione si è tradotta in itinerari specifici nelle diocesi e nelle parrocchie. Ho visto realtà dove si sono posti diversi ostacoli ai giovani che si volevano formare politicamente”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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