Terremoto: Ussita non c’è più, rimasti in undici

Il cartello di benvenuto a Ussita, distrutta dalle scosse di terremoto del 26 e 30 ottobre 2016. Ussita (Macerata), 3 maggio 2017. ANSA/ GIALUIGI BASILIETTI
Un cartello indica la zona rossa di Ussita, chiusa dopo le scosse di terremoto del 26 e 30 ottobre 2016. Ussita (Macerata), 3 maggio 2017. ANSA/ GIALUIGI BASILIETTI

USSITA (MACERATA). – Gli “angeli” di Ussita hanno i volti di Valentina, Michela, Stefano, Pierfrancesco e di chi ha scelto di restare in questo borgo semidistrutto, malgrado il terremoto, le macerie, la neve, le casette che non arrivano e la ricostruzione che non inizia. In tutto sono undici, da oltre sei mesi vivono nei camper e nelle roulotte, la maggior parte di loro sono allevatori. Mentre le altre 400 e passa persone che vivevano qui prima del sisma sono negli alberghi della costa adriatica o hanno deciso di trovarsi un’autonoma sistemazione nell’entroterra marchigiano.

“Angeli” o irriducibili che dir si voglia, ognuno di loro ha una storia da raccontare e mille problemi da risolvere e a dare la cifra di quello che è oggi questo paesino della provincia di Macerata, ai piedi dell’Appennino, è il vice sindaco Massimo Valentini che senza troppi giri di parole parla di una “Ussita che non c’è più, qui dopo le scosse del 26 e del 30 ottobre scorso non c’è più niente, non ci sono alberghi, ristoranti, bar, nulla di nulla”.

Valentini si aggrappa alle 92 casette che il Comune ha ordinato e “speriamo che siano pronte per agosto come ha promesso il Governo, solo così potremmo riportare la nostra gente in questa terra e ridisegnare un futuro fatto di lavoro e turismo”, dato che Ussita ha impianti sciistici tra i migliori delle Marche e un palaghiaccio di livello olimpionico.

Ma la speranza che Ussita rinasca passa anche e soprattutto dalla tenacia di chi è rimasto e si è messo a disposizione per fare quello che c’è da fare, come Valentina Gallinelli: lei è una veterinaria e ha scelto di rimanere “perché ci sono tanti animali da accudire”. Vive in camper, “come me – racconta – ho un’amica, Patrizia, anche lei è restata a Ussita per dare una mano a questa terra a riprendersi. Sono comunque felice della scelta, pensi, per amore di questo posto non vedo da un sacco di tempo il mio fidanzato che vive in Slovenia”.

Non si sono divisi, invece, Michela Paris e Stefano Riccioni, sono una giovane coppia di allevatori, hanno due bimbi piccoli di 3 e 4 anni e pure loro hanno scelto di rimanere a Ussita. A dire il vero Michela ha anche una camera d’albergo a Porto Recanati: “I bambini non avrebbero potuto trascorrere tutto l’inverno qui, troppo freddo, troppa neve”.

Stefano e Michela non sono solo vittime del sisma, “ma anche della burocrazia che spesso fa più danni del terremoto”, raccontano, spiegando come “da mesi ci è stata donata una casa in legno, ma per via di vincoli e altre problematiche, non riusciamo a installarla, abbiamo dovuto fare variazioni al progetto ben tre volte”.

Ma quello delle casette è un nodo dolente per tutti e c’è chi teme, come Pierfrancesco Gallo, di professione archivista storico digitale, che “non saranno pronte nemmeno per il prossimo inverno e passare altri mesi al gelo non sarà semplice”.

Quelli appena trascorsi vengono ricordati da tutti come “lunghi, tanto lunghi”. Come le nottate, che non passano mai. “Ma tutto questo non ci spaventa, se ci danno la possibilità di riprenderci la nostra vita noi siamo pronti alla sfida per far rinascere Ussita”. Parola di “angeli”.

(di Gianluigi Basilietti/ANSA)