Raggiunta l’intesa sui call center. Gentiloni: “Così si tutela il lavoro”

ROMA. – Lotta al far west della delocalizzazione: è questo l’obiettivo del protocollo firmato a Palazzo Chigi fra 13 grandi aziende e che punta a far restare almeno l’80% dei servizi forniti dai call center in Italia. “Abbiamo gettato – ha detto il premier Paolo Gentiloni – un’ancora di protezione sociale in un settore delicato. Per il governo questo è un valore da rivendicare”.

Eni, Enel, Sky, Intesa Sanpaolo, Tim, Fastweb, Poste italiane, Trenitalia, Ntv, Wind Tre, Unicredit, Vodafone, Mediaset si sono oggi impegnate, sotto lo sguardo del presidente del Consiglio e del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, a fare un passo in avanti nella tutela di 80 mila lavoratori italiani.

Una forza lavoro per quasi il 90% over trenta, che registra un bassissimo ricambio generazionale e che a causa del fatto che rappresenta la variabile più importante sul fronte dei costi espone il settore più di altri alla delocalizzazione. E che proprio negli ultimi mesi, con la vicenda Almaviva, è tornato al centro dell’attenzione.

Che il mondo dei call center sia destinato a cambiare è comunque nei fatti – osserva il governo – ma una cosa è che avvenga “nel tempo e con politiche di supporto”, altro che avvenga “spiazzando” le famiglie e i lavoratori. E così l’Esecutivo, per quanto riguarda il settore pubblico, si è attrezzato introducendo alcune modifiche con la legge di bilancio e ottenendo risultati sul fronte delle sanzioni: nei primi 4 mesi del 2017 sono raddoppiate, arrivando a quota 120 per un importo di circa due milioni di euro.

Con la firma del protocollo, che durerà 18 mesi, ora si fa un passo avanti anche nel settore privato: qui il governo ha giocato solo un ruolo da “facilitatore” aiutando a mettere a segno un impegno fra “i più rimarchevoli e significativi che possiamo rivendicare in Italia”, dice ancora Gentiloni. E si tratta anche di un primato a livello europeo, evidenzia il ministro Calenda.

Tra i punti chiave del protocollo, la “qualità del servizio, anche attraverso le certificazioni linguistiche e il rispetto delle norme sulla privacy” e interventi volti a garantire concorrenza leale sul fronte del costo del lavoro. Un insieme di elementi che convincono i sindacati: dalla Cgil alla Ugl passando per la Cisl e la Uil i commenti sono infatti positivi anche se c’è chi come Susanna Camusso invita a fare di più. “Aver proposto un limite alle delocalizzazioni è significativo – afferma la leader della Cgil – anche se il nostro obiettivo è il contrasto totale”.

(di Chiara Scalise/ANSA)

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