Pd: battaglia sulla direzione, Orfini sarà presidente

06/06/2016 Roma, conferenza stampa del Partito Democratico per commentare i risultati elettorali, nella foto il presidente del PD Matteo Orfini
06/06/2016 Roma, conferenza stampa del Partito Democratico per commentare i risultati elettorali, nella foto il presidente del PD Matteo Orfini

ROMA. – Tra limature al libro “Avanti” e il discorso “incentrato su fatti e proposte concrete” domenica all’assemblea Pd che lo incoronerà segretario, Matteo Renzi si tiene lontano dalla battaglia che si sta consumando in queste ore nel Pd. Parlamentari, peones e dirigenti locali, in modo trasversale nelle varie correnti, premono per entrare nel vero luogo decisionale del Pd: la direzione che con i suoi 140 membri deciderà e voterà le candidature alle prossime elezioni politiche. Meno combattuta, al di là delle apparenze, è invece la decisione sulle cariche apicali visto che Matteo Orfini sarà riconfermato alla presidenza.

Dopo una lunga riunione, finita a mezzanotte, la commissione Congresso ha ufficializzato i dati definitivi delle primarie: i voti validi sono stati 1.817.412, Renzi ne ha presi 1.257.091, pari al 69,17% dei voti validi, Orlando 362.691, pari al 19,96% e Emiliano 197.630, pari al 10,87%.

Percentuali che danno una vittoria bulgara ai renziani sia in assemblea che in direzione. Nel Parlamentino dei mille, Renzi avrà 700 delegati, Orlando 212, Emiliano 88. Schiaccianti anche i numeri in direzione: dei 140 membri, 84 saranno renziani, 12 di Emiliano, 24 di Orlando, 20 scelti dal segretario che nel 2013 indicò i sindaci più i membri di diritto (governo, ex premier e ex segretari).

I deputati uscenti spingono per entrare nella direzione per avere più voce in capitolo quanto si voteranno i candidati alle prossime elezioni politiche. Sciolto invece, a quanto si apprende, il nodo della presidenza del partito. Alla fine, dopo ave valutato l’ipotesi di concedere la presidenza all’opposizione guidata da Andrea Orlando, il leader ha preferito confermare Matteo Orfini. Così come sarà riconfermato Francesco Bonifazi tesoriere.

Resta invece aperto il nodo di Lorenzo Guerini nel momento in cui Maurizio Martina, che non vuole lasciare il governo, diventa vicesegretario. Le ipotesi al momento sono due: o confermare la formula dei due vicesegretari, anche se sarebbero entrambi lombardi, o valutare l’ingresso di Guerini al governo. Un assetto che delude le minoranze rispetto alla speranza di una gestione più inclusiva del partito.

La priorità del leader, più che le poltrone, dice ai suoi, è il rilancio dei contenuti. I renziani sono soddisfatti per lo 0,3 per cento in più nei sondaggi dopo le primarie e che, secondo Swg, renderebbe il Pd primo partito con il 29,5 contro il 26,7 di M5S. Ma la strada per le politiche è ancora lunga. Secondo l’istituto Cattaneo, circa due terzi dei partecipanti alle primarie hanno più di 55 anni.

“Non esiste o sembra essersi esaurito – rileva l’Istituto Cattaneo – un effetto Renzi sul Pd: la base sociale ed elettorale del partito continua a rimanere legata al bacino tradizionale dei voti raccolti nel corso del tempo dai principali partiti di centrosinistra”. Ed è proprio per invertire questa tendenza e riconquistare i giovani che l’ex premier punta sulla piattaforma Bob che farà concorrenza a quella grillina per mobilitare i millenials e gli elettori che si informano più sui social network che sui media tradizionali.

(di Cristina Ferrulli/ANSA)

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