Trump ora più isolato con rilancio Europa dopo l’elezione di Macron

FOTO EPA/CHRISTOPHE PETIT TESSON
FOTO EPA/CHRISTOPHE PETIT TESSON

WASHINGTON. – Donald Trump è stato uno dei primi leader stranieri a congratularsi (ieri via Twitter e oggi al telefono) con il neo presidente francese Emmanuel Macron per la sua “grande vittoria”. “Non vedo l’ora di lavorare con lui”, ha assicurato, sottoscrivendo obtorto collo la linea dei suoi consiglieri più tradizionalisti e multilaterali alla Casa Bianca: dal consigliere per la sicurezza McMaster al capo del Pentagono Jim Mattis e al segretario di Stato Rex Tillerson, tutti a favore di un’Europa forte e solida.

Ma il successo dell’ex ministro dell’Economia francese – lontanissimo da Trump per valori, età e vita sentimentale – suona come una sconfitta per il tycoon e l’ondata populista che continua ad incarnare al livello più alto e potente. Una sconfitta che condivide con Theresa May, costretta ora a trattare l’uscita da Bruxelles con un’Europa compatta, a rinnovata trazione franco-tedesca.

Trump puntava invece su un’Europa debole e divisa, con cui negoziare in modo bilaterale, e si era augurato nuove ‘exit’ dopo quella britannica che aveva sostenuto apertamente. Ma poi ha visto naufragare la svolta populista in Austria e Olanda. E ha fiutato l’aria che cambiava in Francia.

Tant’è che il presidente Usa, a differenza di Obama, non ha mai dato il suo endorsement a nessuno dei candidati per l’Eliseo. Ma in cuor suo, come il capo ideologo della Casa Bianca Stephen Bannon e l’estrema destra americana, tifava per Marine Le Pen. E su Twitter aveva profetizzato che l’ultimo attentato sugli Champs-Elysees l’avrebbe probabilmente aiutata, perché era la candidata con la posizione “più dura sulle frontiere”.

Del resto tra i due c’erano molte ‘affinità elettive’: il protezionismo, l’antiglobalismo, la lotta all’establishment, la chiusura sull’immigrazione, la demonizzazione della stampa come fake news. La stessa Le Pen aveva finito col ‘trumpizzare’ la sua campagna, evocando “les oublies”, i “forgotten” (i dimenticati) del tycoon.

Ma finora gli europei hanno respinto le sirene del populismo, forse timorosi che le alternative siano peggio degli attuali mali: una battuta d’arresto cui forse non sono estranei l’improvvisazione, l’incompetenza e i primi fallimenti di Trump.

Che ora si appresta a sbarcare più isolato nel Vecchio continente, prima al G7 italiano e poi al G20 tedesco, dove gli europei potranno fare fronte comune contro un’America protezionista che minaccia di uscire anche dall’accordo di Parigi sul clima, primo vero banco di prova dell’amministrazione Trump di fronte agli accordi multilaterali.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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