Pressing sul clima. Trump rinvia la decisione a dopo il G7

La scritta CO2 con il fumo delle ciminiere.
Oms, senza target Parigi un milione di vite a rischio
Big del petrolio insieme contro il cambiamento climatico

WASHINGTON. – Trump frena sull’accordo climatico di Parigi. Contrariamente a quanto previsto, non farà annunci finché non sarà tornato dal G7, ha spiegato il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer, sottolineando che il presidente vuole continuare a consultarsi con i suoi consiglieri “per arrivare ad una decisione su ciò che è nel miglior interesse degli Usa”.

Un rinvio forse frutto anche del crescente pressing internazionale, da Macron a Xi, passando per Obama. E delle divisioni dei suoi consiglieri e ministri chiave, tanto che è saltata per la seconda volta alla Casa Bianca quella che doveva essere una riunione decisiva. L’incontro è stato posticipato a data da destinarsi, su richiesta del segretario di stato Rex Tillerson, che non poteva partecipare.

Nella partita si è inserita inoltre la figlia-consigliera di Trump, Ivanka, incaricata di controllare l’iter del dossier: lei, come il marito-consigliere Jared Kushner, il segretario all’energia Rick Perry e lo stesso Tillerson, è favorevole a rispettare l’accordo e quindi questo sarà il primo banco di prova della sua influenza sul padre.

Con ogni probabilità Ivanka vedrà nelle prossime ore il controverso capo dell’ agenzia per la protezione dell’Ambiente (Epa) Scott Pruitt, che insieme al capo stratega Steve Bannon e al consigliere legale Don McGahn spingono invece perché il presidente americano si ritiri dall’accordo.

Il pressing è già cominciato da tempo ed ora Trump dovrà fare i conti anche con nuovi rapporti di forza in una Europa più unita. Macron gli ha chiesto come prima cosa proprio di confermare l’accordo sul clima quando il tycoon lo ha chiamato lunedì per congratularsi della vittoria e assicurarlo che è “impaziente” di lavorare con lui per rilanciare la partnership con Parigi. Uscirne ora significherebbe partire col piede sbagliato.

Messaggio indiretto anche dal presidente cinese, che complimentandosi con Macron gli ha ribadito la necessità di proteggere e confermare l’accordo. A rafforzare il coro Barack Obama, che intervenendo a Milano ha difeso la sua battaglia “con Matteo” – l’ex premier Renzi – per l’accordo firmato nel 2015 da 190 Paesi, e con cui si impegnò a ridurre entro il 2025 le emissioni tra il 26% e il 28% rispetto ai livelli del 2005.

“Confido nel fatto che gli Stati Uniti continueranno a muoversi nella giusta direzione”, il suo monito, ricordando che ormai l’industria, anche quella automobilistica, è orientata verso le energie pulite e che le regole sulle emissioni sono stabilite a livello locale.

“Anche se dovessero cambiare le normative a Washington – ha osservato – non c’è nessuno che produrrebbe un’auto che poi non possa essere venduta in California”. Obama ha insistito sul ruolo guida che hanno grandi nazioni come gli Usa, la Cina e la stessa Europa nella lotta ai cambiamenti climatici: “bisogna continuare con questa leadership, nessuno può sedersi a bordo campo”.

Persino Condoleezza Rice, l’ex segretario di stato di George W. Bush, pare abbia implorato Trump di evitare il contraccolpo diplomatico derivante dalla disdetta dell’accordo. Gli ambientalisti, dal canto loro, gli hanno ricordato che l’accordo non è vincolante, tanto più nei tribunali Usa, e che ogni Paese può ridurre i suoi target.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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