Boschi porta De Bortoli in tribunale. E lui: “Sicuro delle mie fonti”

L'ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli. ANSA / MATTEO BAZZI
L’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli.
ANSA / MATTEO BAZZI

ROMA. – “La misura è colma”. Maria Elena Boschi torna a parlare, per provare a fermare la nuova bufera su Banca Etruria. Ferruccio De Bortoli, “sicuro” delle sue fonti, conferma quanto scritto nel suo libro: l’allora ministro nel 2015 chiese all’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. Ghizzoni per ora sceglie di restare in silenzio ma Boschi ribadisce che è tutto falso e dà mandato ai suoi legali di difendere in tribunale il suo nome e la sua reputazione.

Si apre però anche un fronte parlamentare: dalla maggioranza Mdp evoca le dimissioni, il centrodestra chiede di audire l’ex ad di Unicredit in commissione e M5s presenta una mozione di censura per costringere il premier Paolo Gentiloni a chiarire in Aula. La polemica infuria proprio nel giorno del closing per la cessione di Banca Etruria, Banca delle Marche e Carichieti a Ubi Banca. E minaccia di proseguire, in Parlamento e fuori. Anche se l’esecutivo, a partire dal premier Paolo Gentiloni, fa sapere che c’è pieno sostegno a Boschi. Il ministro di Ap Enrico Costa dichiara: “E’ oggetto di attacchi sbagliati e imprecisi dietro cui si celano tentativi di disarticolare l’attività di governo”.

Boschi decide di affrontare subito di petto la questione e, dopo il post di ieri su Facebook, apre una conferenza stampa sul dissesto idrogeologico a Palazzo Chigi con una premessa breve e netta: “Oggi si parla sui giornali delle anticipazioni del libro del dottor De Bortoli: quello che dovevo dire al riguardo l’ho detto ieri e su Banca Etruria ribadisco e confermo quanto detto in Parlamento nel dicembre 2015”.

Insomma, nessuna richiesta a Ghizzoni sulla banca e nessun favoritismo, da ministro del governo Renzi, per l’istituto di cui il padre Pierluigi era vicepresidente. Perciò l’allora ministro, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, sbotta: “La misura è colma. Con molta tranquillità della questione si occuperanno i miei legali”, che sono – comunica poi Palazzo Chigi – Paola Severino, già ministro del governo Monti, e Vincenzo Zeno Zencovich.

Ghizzoni, sollecitato con messaggi e telefonate, non risponde sulla vicenda. Mentre parla l’ex direttore del Corriere della sera, a margine della presentazione del suo libro a Milano. “Sono assolutamente tranquillo e sicuro della bontà delle mie fonti”, afferma.

E se fonti di Unicredit hanno dichiarato di non aver subito pressioni su Banca Etruria, De Bortoli dice che non c’è contraddizione: “Non ho parlato di pressioni, mi è stato riferito da una fonte vicina a Unicredit. Per Boschi c’era un conflitto di interessi”.

Aggiunge di non aver sentito né Boschi né Ghizzoni e di ritenere “eccessive” le dimissioni del sottosegretario. La querela? “Sono un collezionista, speriamo arrivi”. Mentre Paolo Mieli annota: “Il silenzio di Ghizzoni è una conferma. Adesso ha il dovere di spiegare”.

Il Pd fa quadrato attorno al ministro e ribadisce, con Andrea Marcucci, che Lega e M5s attaccano Boschi per coprire “le loro difficoltà”. Ma dalla maggioranza Pier Luigi Bersani afferma: “Bisogna andare a fondo. E se si rivela vera una cosa così, non vedo come possa restare lì”.

Dall’opposizione si muove il M5s: non presenta una mozione di sfiducia perché – spiega Roberto Fico – non si può sfiduciare un sottosegretario ma con una mozione di censura chiede che Gentiloni “tolga le deleghe a Boschi” e intanto riferisca sulla vicenda in Aula: “ci metta la faccia – dice Alessandro Di Battista – dica se guarda solo a quel fazzoletto di terra di Rignano sull’Arno”.

M5s si unisce alla richiesta di FI e Lega di audire Ghizzoni in commissione Finanze e Matteo Salvini definisce Boschi “impresentabile”. Su un punto c’è consenso trasversale – anche se per motivi opposti – nella maggioranza e nell’opposizione: bisogna votare subito la legge che istituisce la commissione di inchiesta sulle banche, perché possa iniziare a operare.

(di Serenella Mattera/ANSA)