Migranti, Guardia Costiera: “La soluzione è politica, non in mare”

ROMA. – La soluzione al fenomeno dell’immigrazione è solo e soltanto politica. Ed è “a terra” che va cercata, non in mare. Dunque la politica “faccia quello che deve fare” e non scarichi il problema su chi sta davanti alla Libia, perché in mare esiste solo una legge ed è che le vite si salvano. Dopo settimane di polemiche sul ruolo delle Ong e decine di dichiarazioni di politici e pm, è il comandante della Guardia Costiera, l’ammiraglio Vincenzo Melone, a rimettere le cose a posto.

E lo fa nel giorno in cui esplode un’altra polemica, quella tra la Libia, che per la prima volta ha fatto intervenire le sue motovedette a 19 miglia dalla costa per riportare indietro un barcone, e le stesse Ong. “Sea Watch ci ha ostacolato durante un’operazione di salvataggio, cercando di impedire l’intervento della nostra imbarcazione” dice il generale della Marina Ayob Amr Ghasem.

“Sono loro – replica la Ong – che hanno messo a rischio la vita dell’equipaggio e delle centinaia di migranti sul barcone”.

Nel video pubblicato sul sito dell’organizzazione tedesca si vede la motovedetta in velocità passare davanti alla Sea Watch 2, ma non è chiaro chi tra le due cambia rotta e rischia di provocare la collisione. Quel che è invece probabile è che la situazione potrebbe ripetersi nei prossimi giorni visto che dalla Libia dicono di aver cambiato registro, con l’intervento di ieri che rappresenta un segno della “rafforzata cooperazione” con l’Italia.

Le operazioni di salvataggio, fanno dunque sapere da Tripoli dopo un incontro del Comitato misto Italia-Libia, continueranno e verranno ripetuti “con forza”.

All’ennesima domanda in Commissione Difesa del Senato sui dettagli dei salvataggi, il comandante della Guardia Costiera va dunque dritto al punto. “Noi non possiamo stare a discutere se l’imbarcazione ha spento o non spento il transponder, se è entrata o non è entrata nelle acque libiche. Sono problemi minimali rispetto all’enorme crisi che c’è. La soluzione non è in mare, non esiste. Noi curiamo un sintomo ma la malattia si cura a terra”.

Quindi, non si può chiedere alla Guardia Costiera di “sostituirsi alla politica”, perché il problema non è “l’essere umano che fugge ma un sistema che non è in grado di governare il fenomeno”. La politica soprattutto internazionale, perché l’Italia “sta facendo il suo alla grande”: “non sono io – dice chiaro Melone – che devo intervenire in maniera decisa sul territorio. Sarebbe bene che i corridoi umanitari venissero fatti a terra, non in mare, con le screening dell’Onu, dell’Oim e delle altre Ong”.

Quello che invece si può fare in mare, è potenziare il soccorso, “perché dobbiamo evitare di perdere anche una sola persona”, e migliorare tutta l’attività di individuazione di scafisti e trafficanti. Su questo aspetto, Melone ha fatto la stessa valutazione del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Sarebbe opportuno avere a disposizioni sulle navi delle Ong personale di polizia giudiziaria.

“Se ci fosse qualcosa di questo tipo in maniera un po’ più numerosa, questa attività potrebbe essere fatta a monte” degli sbarchi. Ed impedirebbe, ad esempio, episodi come quello del 21enne ucciso perché non ha voluto consegnare il cappellino. Intanto Msf continua a difendersi dalle accuse, riportare in alcune informative di polizia e confluite nelle indagini della procura di Trapani, secondo le quali alcuni membri dell’organizzazione dissero ai migranti di non collaborare e tentarono di far passare per minori soggetti adulti.

“Vogliamo rassicurare chi ci sostiene che questa bufera di accuse non ci distoglierà nemmeno per un minuto dal soccorrere persone che stanno per morire, dal medicare le ustioni e le ferite, trattare i casi di ipotermia, rianimare gli annegati, nutrire i bambini”.