Salvini a incasso primarie e rilancia su premiership

Matteo Salvini
Il segretario uscente della Lega Nord, Matteo Salvini, durante le operazioni di voto per le primarie del partito nel seggio di via Bellerio a Milano, 14 maggio 2017.
ANSA/MATTEO BAZZI

MILANO. – “Con ieri si chiude il capitolo di Salvini uomo solo al comando e di chi dice che la linea lepenista non gli piace. Evidentemente non sono solo”. Matteo Salvini usa il successo alle primarie per dire che la linea del partito di cui è per la seconda volta segretario con l’82,7% dei voti è la sua, nonostante un’affluenza dei militanti al 57% che imporrà di “aprire” di più il movimento.

Un segnale alla vecchia guardia di Umberto Bossi e Roberto Maroni, che hanno rilanciato la sfida nordista. Ma il messaggio è anche per i possibili alleati: è la Lega “il primo partito” del centrodestra. E Salvini, quindi, vuole dirigere le danze con Silvio Berlusconi, puntando al ruolo di candidato premier.

E’ proprio Berlusconi però il maggiore ostacolo della linea dura salviniana: “L’unità del centrodestra – ha detto il leader di Fi parlando in serata a Monza – è fondamentale, se siamo uniti si vince. Ma per essere uniti bisogna comportarsi l’un l’altro in maniera corretta ed educata”. E la stoccata: i leghisti “non sono mai venuti ad Arcore con il cappello in mano, e comunque quando sono venuti, si sono trovati molto bene”.

Una doppia risposta a Salvini, che fra l’altro ha accusato l’ex premier di tenere “i piedi in due scarpe”. “Lavoro per vincere e avere un’alleanza la più seria e larga possibile – la linea del segretario della Lega -. Questo però significa volere una legge elettorale maggioritaria che ci porti a fare una coalizione e a vincere o perdere. Se qualcuno invece dice ‘voglio il proporzionale e decidiamo dopo le alleanze’, chi è che vuole un centrodestra unito e chi tiene il piede in due scarpe?”.

Gli altri punti su cui la Lega chiede impegni chiari a FI sono i soliti: rinegoziare i trattati Ue, uscita dall’euro, blindatura delle frontiere, cancellazione della legge Fornero sulle pensioni. Ma nessuno sconto da parte di Salvini agli ex berlusconiani: “Con Alfano non saremo mai alleati, nemmeno in Lombardia”.

Ed è su questo tema che si è consumata la seconda giornata di polemiche interne fra il segretario rieletto e i predecessori. A Maroni, in scadenza del primo mandato come governatore, Salvini ha mandato a dire: “A livello politico nazionale e regionale la scelta passa da me”.

“Farò in modo di convincerlo l’anno prossimo che il modello Lombardia e che la maggioranza che c’è funziona e ottiene risultati”, la replica di Maroni, secondo il quale lo “spartiacque è il referendum per l’autonomia del 22 ottobre: se avrà successo, se riusciremo a portare tanta gente a votare, cambia il mondo e la Lombardia e il Veneto decideranno le future alleanze”.

Con Bossi non è invece una partita a scacchi, è un duello più duro. Almeno a parole. Il vecchio Capo non ha più parlato, dopo aver fatto balenare l’idea di lasciare, magari per finire con la formazione nordista che l’ex ‘Serenissimo’ Roberto Bernardelli presenterà il 27 maggio a Milano. Salvini si è augurato che nessuno se ne vada dal partito, visto che sono stati i militanti a votarlo. “Ma – ha detto – non posso mettere il guinzaglio a nessuno”. Chi lo conosce bene, come Maroni e lo stesso Berlusconi, oggi si è comunque detto sicuro: “Umberto non lascerà mai il movimento che ha fondato”.

(di Alessandro Franzi/ANSA)

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