Tristezza e Orgoglio

Come sappiamo ormai da una cinquantina di giorni in Venezuela c’è agitazione.
Giornalmente le strade vengono invase da centinaia di migliaia di persone che protestano, prevalentemente in modo pacifico, contro il governo. Purtroppo ci sono stati morti, troppi per i miei gusti, ma tant’è a oggi le vittime sono 52, tutti giovani o giovanissimi.

I media italiani, eccezion fatta per questi ultimi giorni, non hanno prestato molta attenzione a quello che li sta succedendo, purtroppo questo costume di molte testate giornalistiche di guardare solo l’Italico ombelico è duro a morire, eppure un paese dove risiedono molti italiani e moltissimi oriundi con diritto alla cittadinanza dovrebbe essere un nostro interesse prioritario.

Non a caso le mie fonti di notizie sono prevalentemente organi d’informazioni stranieri e soprattutto i social network, e venerdì di fronte all’ennesima foto di manifestanti, decido di sentire direttamente quali sono gli umori dei venezuelani in Italia, capire come vivono “desde lejos” quello che sta accadendo nella madrepatria.

Negli anni ho avuto modo di conoscere molti italo venezuelani e venezuelani, molti hanno studiato qui nella mia città, e con la maggior parte di loro sono rimasto in contatto, così apro la mia rubrica è comincio a telefonare.
“Angustia, Tristeza, Rabia, Impotencia, falta de informaciòn” queste sono state le parole più ricorrenti. Tutti sono preoccupati, attaccati costantemente al telefono oppure al computer, i social network sembrano essere l’unica vera fonte di notizie.

Elena per esempio, che vive a Perugia da tanti anni, si lamenta per la mancanza d’informazione “se non avessi w.app non saprei come fare” mi dice, “i giornali italiani non dicono niente”, forse dire niente è esagerato ma non si può negare che le notizie sono poche.

E anche Enzo, un giovane italo venezuelano che studia in Italia, mi ripete più o meno le stesse cose, è preoccupato per i genitori che sono a Caracas e anche lui tutte le sere passa molto tempo in chat con i suoi ex compagni di scuola per sapere quello che accade.

Chiamo anche Antonio De Nisco un altro italo venezuelano che studia qui, parliamo un poco anche lui è molto triste poi mi dice che il giorno successivo andrà a Roma dove ci sarà un incontro per raccogliere medicinali e generi di prima necessità da spedire in Venezuela, decido di andare anche io.

Sabato partiamo in tarda mattinata per la capitale, durante il viaggio mi parla dei suoi progetti che possono essere riassunti in una frase: ritornare in Venezuela.

Quando arriviamo Antonio inizia ad organizzare il punto di raccolta con altri volontari, le persone cominciano ad arrivare.

Alla fine almeno 300 persone tutti venezuelani o italo venezuelani avranno partecipato all’incontro, ognuno con il suo contributo materiale e umano, per me è l’occasione di parlare con molti di loro.

Anche a Roma le parole che ho sentito di più sono tristezza, rabbia, impotenza; sentono il peso della distanza soprattutto la sera quando si mettono in comunicazione con le famiglie e gli amici. Tutti vorrebbero fare qualcosa ma poi all’atto pratico più che raccogliere medicinali, fare gruppi di preghiera e rimanere sempre connessi non possono fare ed è sicuramente frustrante, frustrazione che amplifica le loro preoccupazioni.

Tutti si chiedono quanti morti saranno necessari perché ci sia un ritorno alla normalità e allo stesso tempo pregano perché lo scontro non degeneri ulteriormente ma non c’è rassegnazione, al contrario tutti coltivano la speranza che il tutto si risolva per il meglio.

Molti aspettano solo che ci sia un miglioramento del clima politico per poter rientrare. È il caso di Isabella, italo venezuelana, che è venuta in Italia solo per le grandi insistenze del marito “ma appena posso rientro” mi dice sorridente.

Quando sanno che collaboro con la Voce d’Italia, molti mi vengono a salutare, sono contenti che sia venuto a parlare con loro. Tra le altre cose molti lamentano una scarsa attenzione ai fatti venezuelani da parte del governo italiano e purtroppo la critica ha un suo fondamento.

I più delusi di questo sono soprattutto gli italo venezuelani che si aspettavano un maggiore impegno da parte delle autorità. Bisogna però dire che nel corso del pomeriggio c’è stata la visita al punto di raccolta da parte dell’onorevole Fabio Porta, del Partito Democratico, che ha parlato con i presenti all’incontro e promesso che il governo sarà più incisivo nella sua azione.

Verso le 7 di sera poi il presidio si scioglie, i volontari hanno caricato le medicine raccolte sulle auto, poco a poco le persone vanno via.

Nel pomeriggio più di una lacrima è stata versata, ma per lo meno molti di loro che di solito vivono il dramma da soli attaccati al cellulare hanno potuto per alcune ore condividere il proprio peso con chi li può capire, per alcune ore si sono sentiti utili alla madrepatria. All’andare via molti sorridono, incontrare i propri connazionali è fonte di conforto, si salutano calorosamente, molti si danno appuntamento al giorno dopo a San Giovanni in Laterano per un incontro di preghiera per Venezuela.

Io e Antonio ci avviamo a riprendere l’auto e come mio solito inizio a raccogliere i pensieri per scrivere l’articolo.

Ripenso alle parole delle persone incontrate nel pomeriggio, le parole di Alberto che sta a Roma perché studia in seminario, oppure Adrian che vive questi giorni “con inmenso dolor”, la signora Teresita e Marcos con sua moglie Rosanna, tutti con la tristezza negli occhi e nel cuore, ma tutti con grande dignità, che anche in questi momenti drammatici non hanno perso. Ma soprattutto tutti con un pensiero pieno d’orgoglio verso il proprio paese, verso il Venezuela.
Stefano Macone