L’Isis può colpire l’Europa con armi chimiche

ROMA. – L’Isis sa non solo produrre, ma anche usare le armi chimiche, lo ha già dimostrato in Iraq e Siria. E ora che sta perdendo terreno in Medio Oriente, molti foreign fighters “potrebbero tornare nei loro Paesi d’origine, in Europa o altrove, e tentare di usarle” per un attentato terroristico. “E’ un rischio che deve essere preso molto sul serio”. A lanciare l’allarme in un’intervista all’ANSA è il direttore generale dell’Organizzazione per le armi chimiche, Ahmet Uzumcu.

“Le indagini condotte in Iraq e Siria confermano che il gas mostarda usato dall’Isis era stato prodotto dallo stesso Stato islamico. Con sostanze rudimentali e di scarsa qualità, certo, ma è stato comunque capace di farlo”, ha spiegato il diplomatico turco, sottolineando come, nel maneggiare le armi chimiche, “la parte più difficile” non è mischiare gli agenti tossici, “ma saperli rendere offensivi e poi saperli usare”.

A Roma per le celebrazioni del ventesimo anniversario della Convenzione sulle armi chimiche, Uzumcu ha delineato un bilancio positivo delle attività dell’Organizzazione, con “molti obiettivi raggiunti”: l’eliminazione delle armi chimiche degli Stati parte, attesa già negli anni scorsi, potrebbe finalmente concludersi “nei prossimi 5-6 anni”.

Adesso, “la priorità deve essere quella della prevenzione: abbiamo visto in Siria e Iraq l’utilizzo di sostanze chimiche come armi, come il gas cloro, o di armi chimiche vere e proprie, come recentemente il sarin”, ha aggiunto il direttore generale ricordando l’attacco del 4 aprile scorso a Khan Shaykhun.

“E questa è una grande preoccupazione per gli Stati membri e per l’intera comunità internazionale”. E poi ci sono “le nuove sfide”, come appunto “quella del terrorismo”. Un rischio che “possiamo ridurre solo introducendo nuove misure negli Stati parte, rafforzando la cooperazione internazionale e le attività delle agenzie per la sicurezza, e aumentando il livello di consapevolezza”.

In questo l’Opac può essere utile non solo “come piattaforma per scambiare informazioni, condividere ‘best practices’ e fornire alcune raccomandazioni”. Ma in caso di un attacco terroristico con armi chimiche, può anche “fornire assistenza nel gestirne le conseguenze: a questo proposito – ha concluso Uzumcu – abbiamo istituito una missione di risposta rapida, che potrebbe essere dispiegata nell’immediato per assistere quei Paesi che potrebbero ritrovarsi sotto attacco chimico”.

(di Laurence Figà-Talamanca/ANSA)

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