Fare una nuova legge elettorale dipende dai numeri in Parlamento

ROMA. – Si muove su più livelli la trattativa in corso sulla legge elettorale. E l’esito non è scontato. Perché se è vero che in queste ore ci si muove su un binario principale, quello di un sistema proporzionale sul modello tedesco, bisogna verificare che ci siano i numeri per approvarlo al Senato. Perciò gli sherpa del Pd non solo sono al lavoro per ricomporre le divisioni interne al partito ma agli interlocutori, Fi su tutti, chiedono di “contarsi” e verificare che una intesa politica possa reggere davvero alla prova dell’Aula del Senato. Perché sarà alla luce dei numeri parlamentari che Matteo Renzi, martedì 30 maggio, avanzerà la sua proposta alla direzione Dem e indicherà così la via scelta.

L’intenzione dei renziani è quella di imprimere una evidente accelerazione la prossima settimana, all’indomani del G7 di Taormina. E dopo che è caduto il veto di Silvio Berlusconi al voto anticipato, è nella direzione delle urne a ottobre che spingerebbe un’accelerazione sul sistema di voto. Anche perché, nota più di un dirigente Dem, l’instabilità in Parlamento è ormai un dato di fatto: “Mdp vota sempre contro il governo e con gli altri piccoli partiti della maggioranza frantumati, si fa una fatica enorme a portare avanti i provvedimenti”, è il ragionamento.

Dunque, fanno osservare, il voto anzitempo – su cui frena anche qualche ministro Pd – potrebbe esser conseguenza tanto di un’approvazione lampo della legge elettorale, quanto della decisione di un partitino di maggioranza di far mancare il sostegno al governo (per impedire, ad esempio, l’approvazione di una legge elettorale con soglia di sbarramento al 5%).

Nel merito, intanto, Renzi intende smontare l’accusa di inciucio con Berlusconi portando alla luce del sole un dialogo più ampio possibile con tutti i partiti. E fa mettere a verbale, con il voto del testo base in commissione, che si parte dalla proposta Pd, il Rosatellum. Anche perché, spiega un dirigente Dem, è da vedere se ci si possa fidare fino in fondo di Berlusconi e della compattezza del gruppo Fi al Senato.

Ma in queste ore i contatti vanno avanti a tutti i livelli: gli sherpa agiscono in Parlamento, con i colloqui con tutti i partiti del relatore Emanuele Fiano e di Ettore Rosato e Lorenzo Guerini, ma anche a livello politico, con i contatti tenuti da Luca Lotti con Gianni Letta.

Si ragiona a tutto campo, di ripartizione dei collegi ma anche di un possibile premio di maggioranza. Si studiano i possibili effetti dei diversi sistemi. Si sondano gli umori su una soluzione alla “tedesca”. E si annota, ad esempio, che per M5s il tedesco sarebbe un male minore del Rosatellum. O che i bersaniani sul tedesco già dicono di sì.

Ma un problema si pone anche all’interno del Pd: un sistema alla tedesca potrebbe portare anche chi, come Gianni Cuperlo, ha scelto finora di non seguire Bersani nella scissione, a uscire dal partito. Perciò tra gli orlandiani si registra una preferenza per il Rosatellum, che incentiva le coalizioni. Ma anche la minoranza Pd è divisa al suo interno, tanto che l’assemblea dei deputati Dem rinvia la discussione “vera” a dopo che Renzi avrà fatto la sua proposta alla direzione.

Orlando e Cuperlo spiegano che il loro intento è scongiurare fin d’ora le larghe intese post voto. Ma sul punto vengono contraddetti da Pier Luigi Bersani: anche con un maggioritario, al “prossimo giro” nessuno avrà da solo la maggioranza per governare. Ma quella, spiega Bersani, sarà un’altra partita. Ad ora, le possibilità di fare davvero una nuova legge elettorale dipendono solo dai numeri in Parlamento.

(di Serenella Mattera/ANSA)