Trump dal Papa: via al dialogo, ma contenuti al minimo

ANSA/AP Photo/Alessandra Tarantino, Pool
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CITTA’ DEL VATICANO. – Pur con qualche fatica iniziale, una porta di dialogo si è aperta. Era l’obiettivo minimo per entrambe le parti, ed è il risultato raggiunto dall’udienza del Papa al presidente americano Donald Trump. Irrigidito nel ferreo cerimoniale vaticano, scortato dalle guardie svizzere in divisa cinquecentesca nei saloni affrescati della Terza Loggia, accompagnato da Melania e Ivanka entrambe in nero e con veli sul capo, il tycoon è apparso meno baldanzoso del solito, persino intimidito, ‘frenato’ nei momenti iniziali anche da una certa freddezza e dallo sguardo serio di Francesco.

Poi rotto il ghiaccio, pur senza i classici convenevoli delle visite presidenziali al Pontefice argentino, l’atmosfera si è fatta più distesa, sorridente, colloquiale: anche nel colloquio privato durato mezzora (meno dei 50 minuti di Obama il 27 marzo 2014) i toni non devono essere stati di contrasto, malgrado le posizioni su molti temi – ambiente, migranti, armamenti, aiuto ai poveri, politiche per la pace – non potrebbero essere più distanti. Tanto che Trump ha potuto congedarsi da Bergoglio con un “non dimenticherò quello che mi ha detto”.

Sulla pace, in questi tempi di “terza guerra mondiale a pezzi”, il Papa ha sicuramente insistito richiamando Trump a farsene “strumento” – letteralmente gli ha detto in spagnolo “perché diventi un albero di pace” – regalandogli il medaglione col ramo di ulivo e l’ultimo Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace, “firmato personalmente per lei”.

Sull’ambiente e il clima Francesco ha toccato un tasto dolente – per la svolta a 180 gradi di Trump rispetto a Obama sull’applicazione degli accordi di Parigi – consegnando al presidente Usa la sua Laudato si’, nonostante lo scetticismo trumpiano sul global warming. “Lo leggerò”, gli ha promesso Trump, atteso dal G7 di Taormina.

Ancora poco per un cambiamento di rotta. Si vedrà. Ma che i contenuti dell’incontro, che comprende anche i 50 minuti di colloquio di Trump, affiancato in questo caso dal segretario di Stato Rex Tillerson e dal genero e stretto consigliere Jared Kushner, col cardinale Pietro Parolin, siano stati volutamente limitati ai pochi punti di contatto, lo riprova una nota finale della Santa Sede scarna, quanto ‘limata’ fin nelle virgole.

“Cordiali” i colloqui, “buone” le relazioni bilaterali, “comune” l’impegno “a favore della vita e della libertà religiosa e di coscienza”. La Chiesa “auspica” di poter “collaborare serenamente” in Usa nei campi della salute, dell’educazione e dell'”assistenza agli immigrati” (i vescovi americani hanno sempre tenuto il punto fermo su questo tema). E nelle situazioni di conflitto, in particolare in Mo, la pace va promossa col “negoziato politico” e il “dialogo interreligioso”, puntando anche alla “tutela delle comunità cristiane”.

Ben più roboante quanto reso noto dalla Casa Bianca: Trump ha rinnovato l’impegno Usa nel combattere la fame nel mondo, annunciando lo stanziamento di oltre 300 milioni, in particolare per Yemen, Sudan, Somalia e Nigeria. Si è anche soffermato su come gli Usa, la Santa Sede e la comunità internazionale possano lavorare insieme per combattere il terrorismo.

I due interlocutori hanno poi discusso “come le comunità religiose possono combattere le sofferenze umane nelle crisi regionali, ad esempio in Siria, Libia e nei territori controllati dall’Isis”. “Gli Usa e la Santa Sede condividono molti valori fondamentali e cercano di impegnarsi globalmente per promuovere i diritti umani, combattere le sofferenze umane e proteggere la libertà religiosa”, ha detto il presidente americano.

Un chiaro segnale lanciato all’elettorato cattolico Usa, perché non gli revochi l’appoggio che lo ha aiutato a salire alla Casa Bianca.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)