Renzi stringe i tempi sulla legge elettorale

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse Matteo Renzi ospite a "L'Arena" di Massimo Giletti.
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
Matteo Renzi ospite a “L’Arena” di Massimo Giletti.

ROMA. – Bisogna fare in fretta: perché se non si fa la legge elettorale entro luglio, non la si fa più. E’ una questione di serietà, spiega in queste ore Matteo Renzi. Che sfida gli altri partiti: il Pd non ha timori e ha messo le carte in tavola, ma se la può battere con i diversi sistemi elettorali attualmente in campo (Rosatellum, tedesco o Italicum corretto).

Se dunque da qui a martedì, quando si riunirà la direzione Dem, negli incontri con gli altri partiti non sarà emersa una maggioranza alternativa, il segretario proporrà di andare avanti con il Rosatellum. Ma non è esclusa la virata verso il sistema tedesco, che raccoglie sempre più consensi. Non solo Fi e Mdp dicono sì a un proporzionale con sbarramento al 5%, che aiuterebbe gli uni a stoppare eventuali tentazioni neocentriste alla Calenda, gli altri a riunire la sinistra extra Pd. Ma anche M5s sembra preferire il tedesco al Rosatellum, magari con un correttivo di governabilità.

E’ fatta, dunque? No, perché i contatti – nonché la conta dei numeri al Senato – fervono. E una variabile che rischia di pesare sui “giochi” in corso è quella di eventuali elezioni anticipate. Che non entusiasmano Berlusconi e, sono convinti al Nazareno, i grillini in realtà non vogliono. Quanto al Pd, Renzi ai tanti che lo interrogano spiega che lui, da segretario appena rieletto per 4 anni, non ha fretta di anticipare le urne di qualche mese.

Ma aggiunge che non è vero, come sostiene qualcuno, che il voto a fine settembre o ottobre porterebbero all’esercizio provvisorio di bilancio e a far scattare le clausole di salvaguardia. Perché, è il ragionamento, anche la Germania vota a settembre e l’Austria a ottobre: allo stesso modo, in via teorica, in Italia il governo dimissionario potrebbe mandare la manovra a Bruxelles entro il 15 ottobre, poi subentrerebbero nuovo governo e Parlamento.

Ma intanto sulla legge elettorale, secondo il leader Dem, è “ora o mai più”: alla Camera il Pd può far approvare un testo entro giugno ma se poi a luglio al Senato dovesse essere bocciato – è la convinzione – non si farebbe più niente, per l’intreccio autunnale con la sessione di bilancio.

E allora l’esito più probabile sarebbe (ma a quel punto non toccherebbe al Pd) un decreto correttivo delle leggi elettorali attuali, che potrebbe essere fatto a ridosso del voto. Il decreto però, avvertono i Dem, servirebbe solo ad armonizzare i testi, non potrebbe intervenire su punti delicato come la soglia di sbarramento al Senato all’8%.

Il Pd, sottolineano i renziani, con questo Italicum corretto non avrebbe problemi. Ne avrebbero i “partitini” e forse anche i Cinque stelle, perché ci sarebbero le preferenze: Renzi e i Dem – è il ragionamento – possono stare sulle scatole a qualcuno, ma i voti li prendono, mentre alcuni parlamentari M5s avrebbero più difficoltà. Dunque, con serenità ai suoi il leader Dem ha dato indicazione di “stare sul territorio”: da Roma, dove le magliette gialle torneranno domenica, alle aree terremotate, dove l’idea è mettere un camper in ognuno dei comuni “ad ascoltare la gente”.

E preoccuparsi poco della legge elettorale, sia perché al Pd vanno bene più opzioni, sia perché l’atteggiamento degli altri partiti sul tema, scherza il leader Dem, è quello ben descritto dalla canzone “Cara ti amo” di Elio: qualunque cosa proponga, agli altri non va bene.

Gli stessi che a suo tempo lo hanno accusato di deriva autoritaria con il ballottaggio, che era l’unico strumento per evitare di sicuro le larghe intese, ora lo accusano di inciucio con Berlusconi. Ma attenzione, avvertono i renziani, l’Italicum corretto e il tedesco non sono poi “universi” così diversi: il primo è un proporzionale che dà il premio solo al 40%, il secondo riassegna i seggi dei “piccoli” che non raggiungono il 5%. Alla fine, in Parlamento arriverebbero cinque o sei partiti.

(di Serenella Mattera/ANSA)