Terrorismo: minaccia imprevedibile, sfida durissima

(ANSA/AP Photo/Tony Dejak)
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ROMA. – A Manchester c’è stata una “strage raggelante” di “bambini e teenager, quanto di più prezioso vi è nella nostra società”. La minaccia terroristica è “multiforme e a prevedibilità zero”; per contrastarla c’è bisogno di “intelligence e controllo del territorio”. Parole del ministro dell’Interno, Marco Minniti, mentre nelle città italiane si predispongono le misure per rafforzare la sicurezza delle centinaia e centinaia di eventi estivi: concerti, partite, feste, raduni. Intanto, allo stato, non emergono collegamenti del kamikaze di origine libica con l’Italia.

C’è poco da innalzare sul fronte della vigilanza e dei controlli. I dispositivi sono già al massimo. Si tratterà di rimodulare le attività per far fronte alla continua evoluzione della minaccia ed è quello che stanno facendo prefetti e questori di tutte le città.

Le nuove indicazioni partite dal Viminale riguardano soprattutto gli eventi che richiamano grandi aggregazioni di persone. In questi casi prefetti e questori dovranno coinvolgere gli organizzatori per predisporre al meglio le misure di vigilanza: barriere passive, sistemi di filtraggio, metal detector, controlli accurati. Ci dovranno essere le condizioni perchè alla manifestazione venga concesso l’ok.

E l’Italia è nel mezzo di una serie di potenziali eventi a rischio: dalla presenza di Trump al G7 di Taormina a quello sull’ambiente di Bologna (12 giugno). Il capo della polizia, Franco Gabrielli, sottolinea: “gli eventi che si succederanno li gestiremo. A me più che il G7 preoccupa l’ordinario”. Già, perchè gli attacchi possono avvenire ovunque e non si può blindare l’intero Paese.

Minniti parla di una minaccia “complessa, che tiene insieme più cose contemporaneamente. Gli ultimi quattro attacchi in Europa (Berlino, Londra, Stoccolma e Parigi prima delle elezioni) sono stati frutto dell’attività di un singolo ed il tempo tra l’ideazione e l’esecuzione è stato brevissimo. Manchester è un’altra cosa, ci ripropone un altro tipo di sfida: è un’azione più organizzata, non sappiamo se ha agito un singolo o un gruppo ma si è usato esplosivo e questo presuppone una preparazione più complessa”.

Lupo solitario o cellula strutturata, ordigni o camion lanciati tra la folla, luoghi istituzionali o concerti per teenager. Sapere chi proteggere e da cosa non è semplice. Serve, secondo il ministro, “il lavoro d’intelligence ma anche il controllo del territorio. Di fronte alla prevedibilità zero l’unica cosa che funziona è stare fisicamente sul campo”.

All’attenzione degli investigatori italiani, in costante contatto con quelli britannici, c’è la traccia che da Manchester porta in Libia, Paese di origine di Salman Abedi. “E’ la prima volta – nota Minniti – che viene fuori un link diretto con la Libia: su questo abbiamo riflettuto e continueremo a riflettere”.

Perchè sulla Libia c’è un forte interesse dell’Italia ed una collaborazione sempre stretta, non solo con il governo di accordo nazionale di Fayez al Sarraj, ma anche con le formazioni tribali del Sud del Paese. Ma dai primi controlli fatti, secondo quanto riferito al Copasir dal direttore dell’Aisi, Mario Parente, non emergono finora contatti tra Abedi e l’Italia o persone all’attenzione dei servizi nel nostro Paese. Man mano che si risalirà alla rete che lo ha sostenuto, tuttavia, si continuerà ad indagare anche su eventuali nomi noti agli apparati di sicurezza italiani.

(di Massimo Nesticò/ANSA)