Soffiano venti di crisi, Mdp verso uscita dalla maggioranza

Pieluigi Bersani ascolta l'intervento di Roberto Speranza seduto in prima fila
Pieluigi Bersani ascolta l’intervento di Roberto Speranza seduto in prima fila

ROMA. – “Fuori dalla maggioranza”, “crisi di governo”. Tornano con queste espressioni, che infiammano il dibattito nella maggioranza sul tema dei voucher, i segnali di instabilità che potrebbero anticipare la fine della legislatura. Di voto a settembre o ottobre si parla sempre più apertamente nel dibattito politico, in relazione all’accelerazione impressa da Matteo Renzi sulla legge elettorale. Ma lo scontro nella maggioranza sulla “manovrina” potrebbe essere il casus belli o quantomeno costituire per i renziani la prova provata che con queste continue fibrillazioni non ha più senso andare avanti.

I fatti, dunque. Il Pd è determinato a inserire nella manovra correttiva, che la prossima settimana sarà votata con la fiducia alla Camera, i nuovi strumenti che andranno a sostituire i voucher: “un libretto famiglia alla francese – spiega Ettore Rosato – e un nuovo contratto di lavoro per le prestazioni occasionali per le piccole imprese”.

A dispetto delle voci su una mediazione del governo e nonostante la contrarietà degli “orlandiani”, espressa da Cesare Damiano, Renzi è determinato ad andare avanti: arriverà un emendamento Pd. E così i bersaniani di Mdp annunciano lo strappo.

“Il Pd ha deciso di far cadere il Governo”, accusa Arturo Scotto. Il capogruppo Francesco Laforgia annuncia: “La misura è colma. Usciremo dalla maggioranza”. Alla Camera un voto di Mdp contro la fiducia non è determinante, ma al Senato può far cadere il governo (a meno che non ci sia un “soccorso” di Ala). Dunque, il passaggio è assai delicato.

“Escludo che Mdp faccia cadere il governo sulla manovra di stabilizzazione richiesta dall’Europa – dice Rosato incalzando gli ex compagni di partito – sarebbe irresponsabile e spiace che questa polemica avvenga nel giorno del G7”.

A infiammare lo scontro arriva la richiesta di Ap (che è sugli scudi anche sulla legge elettorale) di estendere al contrario le nuove norme a tutte le imprese. E si smarca dal Pd anche la minoranza orlandiana (che però non farà mancare il suo voto sulla fiducia). C’è chi non esclude una mediazione in extremis del governo.

Ma i Dem spiegano che Renzi non intende cedere ai “ricatti” della sinistra, che “da mesi vota contro la maggioranza”. “Si assumano la responsabilità di far cadere il governo”, è la sfida del Pd a Mdp, che ha sempre dichiarato di voler arrivare a fine legislatura e dunque alla fine al Senato sui voucher potrebbe non dire “no” ma astenersi.

Comunque andrà, sottolineano i renziani, questo è un ulteriore segnale del fatto che è urgente tirare subito – entro luglio – le somme sulla nuova legge elettorale e poi andare alle urne. A favore sono la Lega e M5s, che con Luigi Di Maio dice che si può votare il 14 settembre (ma ottobre sarebbe la “finestra” più quotata) e c’è chi ipotizza che a questo scopo possa essere anticipato il varo della manovra.

Ma l’esito del confronto sulla legge elettorale è tutt’altro che scontato e non è detto che alla fine il “partito” del voto subito prevalga. E un ostacolo ulteriore per Renzi è la “fronda” degli orlandiani contro un accordo con Berlusconi per un sistema alla tedesca.

Il ministro dell’interno, in una riunione della sua mozione congressuale, ha dato il via alla trasformazione dell’area, che ha tra i suoi esponenti Gianni Cuperlo, Nicola Zingaretti e Anna Finocchiaro, in un “movimento” che parli al centrosinistra, per “una nuova alleanza” che raduni le forze ora “esterne” al Pd, da Giuliano Pisapia a Romano Prodi.

La prima battaglia della minoranza orlandiana sarà proprio sulla legge elettorale: contro il “proporzionale delle larghe intese” a Palazzo Madama sono pronti a far valere i voti dei loro trenta senatori.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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