Meno petrolio per altri 9 mesi, ma ai mercati non basta

ROMA. – L’accordo per estendere nel tempo i tagli alla produzione, come ampiamente previsto, è stato raggiunto, ma ai mercati non basta e il prezzo del petrolio precipita sotto quota 49 dollari. Si è concluso così il vertice dei Paesi Opec e quello, che si è tenuto sempre a Vienna, degli altri produttori non aderenti al cartello (Russia in testa), che hanno sottoscritto un’intesa con la quale confermano quella di novembre scorso e in scadenza il 30 giugno, estendendola di nove mesi, fino al marzo 2018.

Una decisione che era stata anticipata nei giorni scorsi in tutti i modi, ma di cui non si conoscevano i dettagli e, in particolare, la durata. Ebbene, l’opzione dei dodici mesi in più, che pure è stata presa in considerazione ma che non sembrava convincere in particolare la Russia, non è riuscita a imporsi. Allo stesso modo non sono passate eventuali ‘spinte’ per aumentare l’entità dei tagli, che invece rimane quella di novembre, e cioè 1,2 milioni di barili al giorno totali per l’Opec e poco meno di 600mila per gli altri produttori.

L’accordo fotocopia di quello di novembre ribadisce anche le esenzioni che allora erano state accordate a Libia e Nigeria, che non subiscono sforbiciate, e all’Iran, cui è consentito un minimo incremento. I big del greggio, insomma, intenzionati a far tornare i prezzi almeno a 55-60 dollari al barile, un livello considerato di sicurezza per i loro conti, si sono mantenuti prudenti: una prudenza che, però, ha fortemente scontentato i mercati, che avevano già scontato l’estensione dell’accordo per nove mesi e puntavano ad arrivare almeno fino a giugno 2018.

E così a New York il greggio è sceso sotto quota 49 dollari, terminando la seduta a 48,90 dollari, con una flessione del 4,8%. La reazione dei mercati, comunque, non ha allarmato i protagonisti dell’accordo, convinti che, in fondo, si tratti solo di speculazione: “Non sono mai preoccupato per gli andamenti giornalieri del prezzo, l’importante sono i fondamentali”, ha dichiarato il saudita Khalid Al-Falih, che ha comunque aperto all’ipotesi di ulteriori tagli se la situazione li renderà necessari.

Anche per il rappresentante del Kuwait Issam Almarzooq il calo dei prezzi “è solo temporaneo”. La vera preoccupazione, semmai, si riferisce allo shale oil made in Usa, la cui estrazione costa di più e che quindi rientra in gioco se i prezzi salgono.

Il tentativo dell’Opec è di tendere la mano (“abbiamo un buon dialogo” con loro, ha dichiarato il segretario generale Mohammed Barkindo), ma intanto il Fmi ha avvertito affermando che l’accordo “aiuterà temporaneamente i paesi produttori, ma nel medio termine avrà un impatto limitato con l’ascesa dello shale americano”.

(di Francesca Paggio/ANSA)