Il gelo della Ue e degli alleati della Nato su Trump

BRUXELLES. – Con i leader musulmani ha ballato e fatto festa. Con gli europei è stato gelo. Sia alla Ue che alla Nato. Donald Trump è arrivato a Bruxelles per farsi conoscere, ma non ha dissipato del tutto i dubbi. Anzi. Sul rapporto con Putin, sul clima e sul commercio le distanze con l’Europa erano e restano ampie.

E mentre Theresa May lo aspettava per ammonirlo che i leak dell’intelligence sull’inchiesta di Manchester mettono a rischio la fiducia tra Londra e Washington, il tycoon nella cerimonia di inaugurazione della nuova sede della Nato si è lanciato in un discorso apparentemente ‘alto’. In cui però ha rilanciato il tema dell’attacco islamico alla “nostra civiltà” ed è stato rude nel dire che 23 alleati su 28 sono “sleali” verso i contribuenti americani perché non hanno speso il 2% del loro pil per la difesa.

La giornata di Trump è cominciata all’Europa Building, la nuova sede del Consiglio Europeo che i funzionari hanno soprannominato ‘Tusk Tower’. Ad aspettarlo, Donald Tusk e Jean Claude Juncker: i due presidenti, che proprio per essere due sono il simbolo di quanto è complicata la Ue. E Juncker ci ha scherzato su: “Uno è di troppo”, ha detto per rompere il ghiaccio.

Nel faccia a faccia, di appena 45 minuti, i tre hanno parlato di Russia, Ucraina e Brexit. “Non sono al 100% sicuro che abbiamo una posizione comune sulla Russia, anche se sul conflitto in Ucraina siamo sulla stessa linea”, ha detto Tusk. Fonti riferiscono che Donald l’americano ha cercato di convincere gli europei che si potevano fidare delle intenzioni e di Putin. Donald il polacco è stato “meno ottimista”.

Poi la riunione è stata aperta a Mogherini, Tajani, Tillerson, Mattis e McMaster, toccando anche i temi del commercio e del clima. Dove restano ampie le distanze. Qualche convergenza in politica estera (su Corea del Nord e Siria), buona intesa sugli sforzi contro il terrorismo.

Secondo il presidente del Parlamento europeo, l’incontro è stato “positivo, perché non è più il Trump della campagna elettorale”. Tanto che con Tusk e Juncker ha persino espresso un inatteso ripensamento sulla Brexit, di cui era tifoso in campagna elettorale, confidando di essere preoccupato da una possibile perdita di lavoro in Usa.

Più caloroso il pranzo con Emmanuel Macron nella residenza dell’ambasciatore Usa, almeno a giudicare dall’interminabile stretta di mano. Che il francese ha prolungato anche oltre il tempo massimo. La nuova speranza d’Europa gli ha chiesto di “non prendere decisioni precipitose sul clima”. Trump ha ringraziato per la leadership nella lotta al terrorismo e lo ha sollecitato ad aumentare le spese militari fino a quel 2% di pil che gli europei nel summit Nato del 2014 in Galles si impegnarono a raggiungere entro il 2024.

Nella nuova sede dell’Alleanza Atlantica, inaugurata in pompa magna scoprendo assieme a Merkel i memorial dell’11 settembre e del muro di Berlino, Trump ha cercato di prendere il piglio dello statista. Ma parlando del terrorismo ha ripreso il vecchio tema di Bush jr. dell’ “attacco alla nostra civiltà”, si è sperticato nella lode del figlio del re saudita (“un uomo saggio che vuole cambiare le cose, rapidamente”) e sostenuto di aver ottenuto da “tutti i leader del Medio Oriente l’impegno a non finanziare il terrorismo”.

Poi ha toccato il tema delle spese per la difesa. E senza giri di parole ha sostenuto che “23 su 28 non pagano quanto devono” e che “questo non è leale verso il popolo ed i contribuenti americani”. Lì è caduto il gelo. Per non parlare dell’invito a essere “duri, forti e rigidi” contro i migranti, le “migliaia e migliaia di persone che filtrano nei nostri paesi e in molti casi non sappiamo chi sono”.

Con il canadese Trudeau impietrito e gli europei che si scambiavano occhiate imbarazzate. Un gelo riemerso al momento della foto di famiglia, quando ha brutalmente scansato il premier del Montenegro per arrivare in prima fila. Tensione su tensione, a Bruxelles, anche per il rapporto tra Ue e Turchia. Con Erdogan che prima della Nato ha avuto un trilaterale con Juncker e Tusk: ne è uscito visibilmente scuro in volto, dopo che gli europei hanno battuto forte sul tema dei diritti umani.

(di Marco Galdi e Chiara De Felice/ANSA)