Senato, Venezuela un Paese in sofferenza

ROMA – Un faro è stato acceso sul “Venezuela, un Paese in sofferenza”. E’ questo il titolo dell’incontro organizzato da Luis Alberto Orellana, del gruppo parlamentare Autonomie, che insieme a giornalisti, esperti e politici di vari schieramenti si sono riuniti oggi a Roma per far luce sulla crisi umanitaria, politica ed economica che sta attraversando il Venezuela mettendolo in ginocchio.

Il senatore di origine venezuelana, Luis Alberto Orellana

Di padre venezuelano e madre italiana, Orellana ha per questo un legame speciale con il Paese latino. Non nasconde le sue forti preoccupazioni sugli scontri che si ripetono ogni giorno nelle principali città. Solo nello Stato Barinas si contano 7, 8, dove secondo l’Ansa, è stata distrutta la casa natale di Hugo Chávez.

«Le sofferenze del popolo venezuelano e la deriva autoritaria del governo Maduro non possono lasciarci indifferenti», dichiara Orellana. «Il Venezuela è un Paese che sentiamo molto vicino al nostro per storia e tradizioni – aggiungendo – non possiamo dimenticare gli oltre 150 mila italiani che vi abitano e che sono anch’essi oppressi da una crisi senza precedenti.»

Anche Amnesty Internationl segue costantemente la situazione del Paese latinaomericano sin dalle proteste del 2014.
«Chiunque guardi con sguardo obiettivo il Venezuela non può che giudicare il quadro globale come estrememante preoccupante», chiosa il portavoce della sede italiana della Ong Riccardo Noury . «Per l’uso eccessivo della forza – oltre gli standad internazionali – per le impunità e gli arresti di massa; per i problemi di sicurezza e – non per ultimo – per la crisi che colpisce i diritti economici e sociali.»

Un quadro a tinte fosche quello dipinto dagli ospiti riuniti nel Senato della Repubblica italiana, che assume forti tonalità nella testimonianza di due giornaliste.

«Vorrei che la situazione venezuelana sia valutata dal punto di vista della violazione dei diritti umani», annuncia Marinellys Tremamunno. «Non siamo sull’orlo di una guerra civile, ma di fronte a un massacro.»

O come la testimonianza drammatica della giornalista italiana del tg2 Christiana Ruggeri, documentata in un suo libro in uscita (“I dannati”), che apre una finestra in una periferia remota del Paese, a San Juan de los Morros, nello Stato di Guárico, per lasciar passare un grido d’aiuto dalla Penitenciaría General de Venezuela (PGV).

«Un carcere senza vigilanza, autogestito dai capi delle gang dominanti. Nelll’istituto si produce, si raffina e si spaccia droga. Si ordinano delitti. Spesso i boss preferiscono rimanere tra le mura del penitenziario dove possono gestire in sicurezza il narcotraffico e comunicare con i social network dal cyber-café situato all’interno del carcere stesso.»

Allora che cosa può fare di concreto l’Italia per aiutare un Paese spaccato, dove la violenza sembra l’unico comune denominatore? Unanime è l’opinione dei relatori presenti: tenere alta l’attenzione sul Venezuela, senza cadere nell’ingerenza.

«Mettiamo da parte le lenti ideologiche figlie di altri tempi, oggi il contesto è diverso da quello degli anni 70», dichiara Andrea Romano, deputato del partito Democratico. «Fino all’ultimo cercheremo di tenere aperto un canale di dialogo nel tentativo di fare pressione sul Governo, ma senza intromissione».

Il senatore Casini accompagnato dal nostro Ambasciatore, Silvio Mignano, e dal presidente del Civ-Caracas, Carlos Villino

Più crudo il presidente della commissione Esteri del Senato Pier Ferdinando Casini:

«Il governo venezuelano rifiuta gli aiuti umanitari, il processo elettorale sembra dimenticato, il tentativo di mediazione del Santo Padre sembra fallito». E termina: «Il Governo italiano e il nostro Parlamento hanno fatto molto, tutto ciò che è possibile. Continuiamo a tenere alta l’attenzione.»

Ma ancora sono tanti i dubbi sul ruolo dell’Assemblea Constituente, che possa aprire davvero un dialogo di pace come auspica il presidente Maduro.

«Se fossero state queste le intenzioni, la Constituyente avrebbe dovuto avere l’appoggio di tutto il popolo venezuelano. Invece è la proposta di una parte del Paese contro l’altra parte del Venezuela», chiarisce al margine dell’incontro Luis Enrique Lander, direttore del Observatorio Electoral Venezolano (OEV). La preoccupazione è forte e compatta. Che il Venezuela sia un Paese in sofferenza e in emergenza ora è chiaro a tutti.

Laura Polverari