Accordo a tre sul “sistema tedesco”, alta tensione Renzi-Alfano

L'ex premier Matteo Renzi con il ministro Alfano
L’ex premier Matteo Renzi con il ministro Alfano

ROMA. – Arriva la legge elettorale in ‘salsa’ tedesca. Nel giorno delle doppie consultazioni del partito Democratico, alla Camera con i capigruppo per le questioni tecniche, e al Nazareno gli incontri di Matteo Renzi per sciogliere i nodi politici, il proporzionale con lo sbarramento al 5% sembra cosa fatta. Oltre al via libera del Movimento Cinque Stelle, che di fatto blinda il sistema su cui avevano raggiunto l’intesa Renzi e Berlusconi (che si sono tenuti in contatto in questi giorni) a dire sì è anche Sinistra Italiana al termine di un incontro tra il segretario Nicola Fratoianni ed il leader Dem. Che poi sottolinea come “la legge elettorale della Germania” non sia la sua preferita, anzi. Anche se in queste ore molti partiti tra quelli che hanno sostenuto il no al referendum la stanno indicando come proposta al Paese.

“Il Pd non ha i numeri da solo. Ma se dobbiamo andare sul modello tedesco che sia tedesco – dice – anche nella soglia di sbarramento al 5% (così da limitare il numero dei partitini in Parlamento). E che ci siano i nomi sulla scheda: voglio sapere almeno il nome e il cognome di chi voto”.

Ma, se sui numeri non sembrano esserci sorprese, la virata verso questa soluzione manda in pezzi il fragile equilibrio all’interno della maggioranza, con Area Popolare pronta a dare battaglia. L’incontro tra Alfano e Renzi non ha sciolto la tensione, anzi, ed i centristi preparano le barricate con inevitabili possibili ricadute sul governo. Un fronte, quello della legge elettorale, che si interseca con la ‘mina’ dei voucher contenuti nella cosiddetta ‘manovrina’. Domani il testo approderà nell’Aula della Camera dove sul via libera non ci sono problemi di numeri.

Diversa invece la situazione a Palazzo Madama dove il no di Mdp alla fiducia rischia di mettere in seria difficoltà palazzo Chigi. D’altra parte, il ‘soccorso azzurro’ di Forza Italia, e più in generale del centrodestra che ha permesso il via libera all’emendamento alla Camera, difficilmente potrà ripetersi al Senato nel caso il governo dovesse porre la fiducia.

Un quadro generale che rende più forte la tendenza verso le urne in autunno, tra settembre e novembre. E l’incognita del voto anticipato ha già avuto i primi effetti sui mercati, con lo spread in salita e la borsa di Milano che ha chiuso in negativo nonostante le parole del presidente della Bce Mario Draghi sulla ripresa economica dell’Eurozona.

Qualche elemento di chiarezza in più si potrà formalmente avere domani sera quando il segretario del Pd tirerà le somme delle consultazioni di queste ore nel corso della riunione della direzione del partito. Stesso discorso per Alfano che nei prossimi giorni vedrà i vertici del suo partito prima di decidere cosa fare. In ballo per i moderati di Ap c’è anche il progetto di una riorganizzazione dell’area centrista, insieme al leader di Energie per l’Italia Stefano Parisi e a Carlo Calenda.

Nonostante l’accordo sulla legge elettorale sia praticamente chiuso, chi preferisce non sbilanciarsi è Ettore Rosato, capogruppo Dem alla Camera e sherpa che segue le trattative per conto del pd. Al termine del giro di consultazioni Rosato parla di “giornata positiva” senza però entrare nei dettagli. Stessa linea del Movimento Cinque Stelle che non si dilunga nei particolari al termine del faccia a faccia con la delegazione Dem: “E’ stata una riunione cordiale e distaccata”, fa sapere Roberto Fico che ha sul tavolo delle trattative ha posto due punti intoccabili per l’M5s: soglia di sbarramento al 5% e correttivi per la governabilità.

Un nuovo faccia a faccia è invece previsto con tra i Dem ed Mdp nella giornata di mercoledì: “Aspettiamo che il Pd definisca una proposta”, spiega Alfredo D’Attorre che a nome del suo partito fa sapere di non avere nulla in contrario alla soglia di sbarramento del 5%. Stesso ragionamento fatto da Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana.

Discorso diverso invece per Giuliano Pisapia ed il suo campo progressista. L’ex sindaco di Milano, che in molti vedono come il possibile catalizzatore di tutti i soggetti a sinistra del Pd, ribadisce il suo no al proporzionale ed in una nota del suo movimento fa trapelare di essere “negativamente colpito dalla convergenza di molte forze verso una legge elettorale che condurrà molto probabilmente a un governo di larghe intese di cui questo Paese non ha bisogno”.

L’obiettivo non è “l’aggregazione” per superare il quorum ma “un progetto innovativo di donne e uomini che credono in un nuovo campo comune dove tutti cedano parte della loro sovranità”. Un discorso che raccoglie consensi anche dentro il Pd: “Bene la proposta di Pisapia, serve un centrosinistra”, osserva ad esempio Gianni Cuperlo che prende atto di come “non esista più una maggioranza politica”.

(di Yasmin Inangiray/ANSA)