Prende quota il voto a settembre. Mattarella: “Prima legge elettorale”

Schede elettorali in un seggio di una scuola al centro di Roma, 26 maggio 2013. ANSA/CLAUDIO ONORATI
Proposte anti-Italicum, da greco a Mattarellum 2.0

ROMA. – Una legge elettorale ben fatta può garantire la stabilità di Governo per cinque anni. Questa era e resta la priorità assoluta della scena politica. Il Colle rimane affacciato alla finestra e vigila che la sua unica richiesta pubblica venga realizzata dalle forze politiche. Nessuno nasconde le parallele preoccupazioni per le scadenze economiche dell’autunno ma un ‘niet’ del Quirinale alle elezioni anticipate con ogni probabilità farebbe saltare il tavolo della riforma elettorale. E l’Italia non può permetterselo.

In questo scenario scivoloso il Colle rimane abbottonatissimo, evitando di elaborare scenari di lungo periodo. C’è da mettere in cascina un nuovo sistema di voto e questo obiettivo vale anche le elezioni anticipate. Certamente non gradite ma sulle quali Sergio Mattarella non farà barricate. Anche perché se si trova la quadratura del cerchio non ci sarà solo il Pd di Matteo Renzi a chiedere elezioni dopo l’estate ma anche i Cinque Stelle.

Intanto si fortifica l’idea che il governo Gentiloni scriva e depositi una manovra centrata solo sulle clausole di salvaguardia che dovrebbe poi essere approvata dal nuovo Parlamento. Con la possibilità per il nuovo Governo di poterla emendare con decreto correttivo. Per questo il Pd guida le danze sul modello tedesco imponendo tappe forzate al provvedimento (è stata chiesta la fiducia alla Camera proprio per velocizzare l’iter).

Nel mezzo cresce la fronda – anche dentro il Governo – di quanti considerano le elezioni anticipate come un salto nel buio. Più in profondità in realtà è partita una trattativa al buio su quale può essere la domenica più adatta per il voto. Si passa dai desideri settembrini di Renzi (dal 10, 17 o 24 settembre) a quanti ragionano su tempi più lunghi che vanno fino alla fine di ottobre.

Tanti gli interessi da allineare e troppe le incognite in campo per esercitarsi oggi sul toto-voto. Quel che è certo è che si ragiona con il pallottoliere sui tempi tecnici della nascita di un nuovo esecutivo in relazione alla scadenza del 31 dicembre per l’approvazione della legge di stabilità. Il tutto mentre ancora deve essere approvata la manovrina di inizio estate, sulla quale l’Unione europea non farebbe sconti. E alle porte ci sono le elezioni amministrative dell’11 giugno che porteranno al voto 15 milioni di italiani.

Oggi sembra quindi in difficoltà l’idea di un unico decreto salva-Iva per non far scattare la clausola di salvaguardia che porterebbe ad un aumento di tre punti della tassa. Ma servono circa 15 miliardi e il Tesoro in questa situazione pre-elettorale non sembra proprio disposto a metterci la faccia.

Restano quindi in campo le più svariate ipotesi ma certamente si rafforza la schiera di quanti vogliono chiudere presto la partita del voto per far elaborare e approvare l’intervento da un nuovo esecutivo fresco di investitura popolare.

Se solo il parlare di voto anticipato ha scatenato l’appetito dei mercati costringendo il premier Paolo Gentiloni a ribadire che l’esecutivo è “nella pienezza dei poteri”, il Colle attende i fatti. Se poi, con una legge elettorale nel cassetto, tutti dovessero chiedere il voto anticipato, Gentiloni salisse al Colle per spiegare che il suo compito è esaurito, solo allora Mattarella affronterà il tema della data. Con occhio attento alle scadenze economiche e conscio che la responsabilità del rischio che ci si assume di fronte al Paese sarà delle forze politiche. Ma almeno non si vota attraverso due sentenze della Consulta.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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