Fisco: da domani scatta la liberazione fiscale

ROMA. – “Oggi è l’ultimo giorno dell’anno che lavoriamo per il fisco; da domani, infatti, scatta il tanto sospirato giorno di liberazione fiscale”. A dare la buona notizia è la Cgia, che ha calcolato anche per il 2017 la data in cui iniziamo a lavorare per noi stessi: il 3 giugno. “Incluse le festività – dice il coordinatore dell’Ufficio Studi Cgia, Paolo Zabeo – nel 2017 sono stati necessari 153 giorni per scrollarci di dosso la morsa del fisco; ben 38 giorni in più rispetto al dato registrato nel 1980”.

“Lavorare 5 mesi su 12 per lo Stato – dice Zabeo – dà l’idea di quanto eccessivo sia il nostro fisco. Al netto del peso dell’economia sommersa, sui contribuenti fedeli al fisco grava una pressione fiscale reale che sfiora il 50%, un carico che non ha eguali in Europa”.

“Per ridurre strutturalmente le tasse dobbiamo in misura corrispondente tagliare la spesa pubblica improduttiva – segnala Renato Mason, segretario Cgia – e nonostante gli effetti della spending review siano stati relativamente modesti, il carico fiscale complessivo ha iniziato a scendere. Se avessimo abbracciato la strada del federalismo fiscale, molto probabilmente la contrazione sarebbe stata maggiore”.

Con l’introduzione in particolar modo del cosiddetto bonus Renzi (maggio 2014), l’eliminazione dell’Irap dal costo del lavoro (2015) e la cancellazione della Tasi (2016), la pressione fiscale ha cominciato a scendere. Oltre a questa misura, nel 2017 hanno concorso alla contrazione del peso fiscale e contributivo la riduzione dell’Ires dal 27,5 al 24%; i super-ammortamenti (al 140%); l’aumento delle deduzioni Irap; l’innalzamento delle soglie per accedere al regime dei minimi e la proroga del parziale esonero contributivo a carico delle imprese che hanno assunto personale a tempo indeterminato.

Se dal 2011 c’è stato un costante aumento del prelievo, dal 2014 si è invertita la tendenza anche se la maggioranza dei benefici introdotti dal governo Renzi non ha interessato il popolo delle partite Iva. “Ancora una volta – conclude Mason – l’insensibilità della classe politica di questo Paese ha prevalso sugli interessi dei piccoli produttori”.

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