Clima e bando ai musulmani, Trump vira a destra

Folla a Battery Park, in vista della Statua della Libertà. ANSA
Folla a Battery Park, in vista della Statua della Libertà. ANSA

WASHINGTON. – Con l’uscita dall’accordo di Parigi e la decisione di difendere il bando contro i musulmani sino alla Corte Suprema, l’amministrazione Trump vira decisamente a destra dopo aver mostrato un volto apparentemente più moderato nel viaggio del presidente in Medio Oriente e in Europa.

E’ l’apoteosi dell’America first, il trionfo della visione isolazionista e sovranista del controverso chief strategist Steve Bannon, l’ex patron del sito ultraconservatore Breitbart News ed esponente del movimento Alt-Right: un’America egoisticamente ripiegata su se stessa, che alza muri e barriere, che rinuncia per la prima volta alla sua leadership globale, fiduciosa che l’autarchia la renderà “nuovamente grande”.

Anche a costo, in campo climatico, di ritrovarsi in compagnia solo della Siria e del Nicaragua. O di dividere ulteriormente il Paese, con la contro offensiva di vari Stati e città americane a difesa dell’accordo di Parigi, le critiche dello stesso business, le dimissioni dal consiglio economico della Casa Bianca di Elon Musk, il visionario fondatore dell’azienda di auto elettriche Tesla, e di Bob Iger, ceo della Disney.

Non è un caso che ieri, all’annuncio di Trump nel Rose Garden davanti allo studio Ovale, Bannon sia stato quello che ha applaudito in modo più entusiasta, insieme ad un altro ‘falco’ dell’amministrazione, il capo dell’Agenzia per la difesa dell’ambiente Scott Pruitt, negazionista dei cambiamenti climatici.

I grandi sconfitti sono invece la figlia prediletta Ivanka, il segretario di Stato Rex Tillerson, entrambi assenti ieri all’evento, e il consigliere economico Gary Cohn. Non si è visto neppure il genero consigliere Jared Kushner, che pare si aggirasse dentro la Casa Bianca dopo una cerimonia ebraica cui aveva partecipato con Ivanka: anche lui favorevole a restare nell’accordo, pur non apprezzandolo.

E’ su di loro che molti contavano per ‘moderare’ il presidente e arginare le pressioni dei ‘falchi’. Ma Trump ha preferito sposare la linea dura, come sta facendo con l’Iran e la Corea del nord, e come farà con Cuba, dopo una proposta di budget che taglia il welfare e una riforma sanitaria che lascerà a piedi 26 milioni di persone.

L’uscita dall’accordo di Parigi è la sua prima promessa elettorale mantenuta e il tycoon pensa di potersela rivendere nelle elezioni di midterm del 2018 e nelle presidenziali del 2020, quando l’iter per la ‘exit’ sarà quasi concluso. Anche la decisione di ricorrere alla Corte suprema contro la sospensione del bando rientra in questa logica elettorale.

“Non devono essere ammesse – spiega il dipartimento di Giustizia – persone da altri Paesi che sponsorizzano o proteggono il terrorismo finché non saranno possibili controlli adeguati e finché questi Paesi non rappresenteranno più una minaccia alla sicurezza degli Usa”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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