Migranti: l’aumento delle partenze non è colpa delle ong

ROMA. – Non è vero che la presenza nel Mediterraneo delle navi delle organizzazioni non governative per soccorrere i migranti abbia fatto aumentare il numero delle traversate o le abbia rese più rischiose. Al contrario, le ong hanno avuto un ruolo fondamentale nel salvare vite umane, colmando il vuoto nelle attività di ricerca e soccorso lasciato alla fine del 2014 dalla decisione dell’Ue di non prolungare l’operazione Mare Nostrum.

Questo è il risultato di un’indagine condotta da ricercatori del Goldsmiths College, prestigiosa università britannica che fa parte dell’Università di Londra, presentata oggi a Roma. I ricercatori hanno esaminato le accuse mosse da Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) e da esponenti politici europei, secondo cui le attività di ricerca e soccorso portate avanti dalle ong costituirebbero un “fattore di attrazione” che porterebbe a un aumento delle traversate e che incoraggerebbe gli ‘scafisti’ a ricorrere a tattiche ancora più rischiose, causando di fatto un aumento dei morti in mare.

L’indagine dimostra, è stato spiegato, che l’incremento delle partenze nel 2016 è in linea con le tendenze di crescita degli arrivi di migranti da vari paesi africani registrate negli anni precedenti e non possono essere quindi attribuite alla presenza delle ong, come dimostrerebbe anche il fatto che le traversate dal Marocco hanno registrato fra il 2015 e il 2016 un aumento del 46% nonostante l’assenza di ong nell’area.

“Le argomentazioni contro le ong – ha detto Lorenzo Pezzani di Goldsmiths – ignorano deliberatamente il peggioramento delle crisi economiche e politiche che colpiscono numerose regioni dell’Africa e che sono fra le molte cause dell’incremento delle traversate nel 2016. In Libia, i migranti sono vittime di violenza estrema e sono disposti a tentare la traversata con o senza la presenza di attività di ricerca e soccorso”.

Quanto all’accusa secondo cui l’attività di soccorso delle ong “aiuta involontariamente i criminali”, incoraggiando i ‘passatori’ a utilizzare imbarcazioni di qualità inferiore e ad adottare strategie più rischiose che rendono gli attraversamenti più pericolosi, lo studio dimostra che le condizioni imposte dai trafficanti sono in continuo peggioramento fin dal momento in cui la Libia è sprofondata nella guerra civile.

L’operazione dell’Ue di contrasto EUNAVFOR MED, invece, secondo i ricercatori ha avuto un importante e comprovato impatto sulle tattiche dei passatori: intercettando e distruggendo le barche di legno più grandi, avrebbe contribuito a determinarne la sostituzione con gommoni più piccoli e instabili. Le pratiche degli scafisti sarebbero state influenzate anche dai sempre più numerosi interventi della Guardia Costiera Libica, “i cui metodi violenti hanno portato, in alcune occasioni, al ribaltamento di barche, mettendo in pericolo la vita delle persone a bordo”.

“La nostra analisi dimostra che il tasso di mortalità è diminuito in maniera consistente nei periodi in cui le ong impegnate in attività di ricerca e soccorso erano presenti ed è aumentato di nuovo in loro assenza” ha affermato Charles Heller di Goldsmiths. La ricerca si conclude osservando che le accuse contro le ong ignorano deliberatamente il ruolo che altri attori, incluse le agenzie dell’Unione Europea e i governi nazionali, hanno avuto nel rendere le traversate più rischiose.

“Siamo convinti che la narrazione tossica che accusa ingiustamente le ong per l’aumento della pericolosità delle traversate sia parte di un tentativo più ampio di criminalizzazione delle iniziative di solidarietà verso i migranti. È anche una distrazione conveniente, dal momento che distoglie l’attenzione dall’incapacità dei governi ad affrontare i veri problemi” ha detto Pezzani.

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