Fmi alza le stime del Pil Italia. Rischi da politica e debito

Il centro commerciale di Arese. (LaPresse - Belen Sivori)
Il centro commerciale di Arese, 14 aprile 2016
(LaPresse – Belen Sivori)

ROMA. – L’Italia, giunta ormai al terzo anno di moderata ripresa, crescerà anche quest’anno e lo farà ad un passo più sostenuto di quanto non si pensasse solo qualche mese fa. Ma l’orizzonte non si è ancora del tutto rischiarato e sul futuro della crescita permane l’ombra di “rischi significativi”.

Sono rischi legati all’incertezza politica, al fardello del debito pubblico, alla fragilità finanziaria assieme alla delicata situazione delle banche, ma anche alle possibili conseguenze su tassi e spread che potrebbero verificarsi una volta che la Bce deciderà di porre fine alla politica monetaria accomodante.

Il Fondo Monetario Internazionale riassume così nel suo Article IV la situazione della congiuntura italiana, al termine della consueta missione annuale dedicata a passare al setaccio i principali numeri del paese, gli obiettivi conseguiti e i target che ancora devono essere raggiunti.

La buona notizia questa volta è che, a pochi mesi di distanza, gli economisti del Fmi hanno rivisto sensibilmente al rialzo le proprie previsioni di crescita: le stime di oggi parlano infatti di un progresso del Pil atteso per quest’anno all’1,3%, contro un +0,8% previsto ad aprile nel World Economic Outlook.

Ma poi, avverte il Fondo – “poiché i venti a favore – condizioni commerciali, politiche fiscali e monetarie – diventeranno meno propizi negli anni a venire”, si prevede che la crescita si attesterà intorno all’1% nel 2018-20. E guardando avanti, avverte il Fmi, “i rischi di ribasso sono significativi, correlati tra l’altro a fragilità finanziarie, incertezze politiche, eventuali battute d’arresto al processo di riforma e a revisioni della valutazione dei rischi di credito nell’ambito della normalizzazione della politica monetaria”.

Proseguire sulla strada delle riforme è la via indicata: “riforme ambiziose e complete aiuteranno a promuovere una crescita più robusta” sostengono infatti gli economisti di Washington che suggeriscono di continuare sulla falsariga di quanto già avviato con il Jobs Act o con la riforma della P.A.. Parlando di mercato del lavoro, il suggerimento è quello di collegare i salari alla produttività tramite la contrattazione al livello aziendale.

Altra raccomandazione importante è quella di velocizzare la riforma del catasto e di “introdurre una forma di tassazione moderna sugli immobili”: in sostanza, in linea con quanto già chiesto dalla Commissione Ue, il Fondo si mostra favorevole alla reintroduzione dell’Imu sulle prime residenze.

Immancabile poi il richiamo alle pensioni. Anche se ci riconosce gli sforzi fatti, il Fmi chiede di ridurre “gli alti livelli di spesa previdenziale nel medio termine” citando “eccessi, che devono essere razionalizzati”. E, ancora, un’esortazione a ridurre il cuneo fiscale.

Quanto invece all’altro grande problema di questi ultimi tempi, al peso dei crediti deteriorati sui bilanci bancari, il Fmi ricorda che “le strategie e i target delle banche per ridurre gli Npl devono essere ambizione e credibili”. Spina nel fianco resta infine il debito pubblico che, per quanto si sia stabilizzato, è ancora molto elevato e fa sì che l’Italia sia esposta a shock”. Tuttavia l’iter di aggiustamento delle finanze pubbliche messo a punto dal Mef per garantire che il debito finisca su una “traiettoria stabile al ribasso” viene giudicato “appropriato”.

Si vedrà intanto cosa dirà l’Ecofin di venerdì che, chiamato ad approvare le raccomandazioni pubblicate da Bruxelles il 22 maggio scorso, dovrebbe confermare l’apertura fatta all’Italia dalla Commissione: l’entità dell’aggiustamento del 2018 non sarà indicato, ma sarà frutto di un negoziato che dovrà tenere conto sia della necessità di sostenere la crescita che di quella di risanare i conti.

(di Angelica Folonari/ANSA)

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