G7 Ambiente, l’alternativa di Trump a Parigi

BOLOGNA. – Continuare a tagliare le emissioni di gas serra, ma sulla base delle proprie esigenze economiche e ambientali, non sulla base dei vincoli dell’Accordo di Parigi. E poi, decidere autonomamente quali paesi poveri aiutare nella lotta al riscaldamento globale. Sembra essere questo l’ intento dell’amministrazione Usa in tema di clima, posizioni note ma ribadite al g7 Ambiente di Bologna dal direttore dell’agenzia federale per l’Ambiente, Scott Pruit.

Per l’amministrazione Trump, l’Accordo di Parigi firmato da Obama impone limiti troppo pesanti per le emissioni di gas serra agli Stati Uniti (che le hanno già ridotte parecchio). Invece, concede alla Cina e ad altri paesi tempi più lunghi per i tagli, in questo modo avvantaggiando le loro aziende. Washington dice di voler tagliare le emissioni senza rinunciare a sfruttare tutte le ricchissime risorse di idrocarburi del paese (che gli permettono l’indipendenza energetica) e senza imporre pesanti investimenti ambientali alle sue aziende, che le renderebbero meno competitive nel breve periodo.

Per il resto, dice di condividere le ricette sul clima degli altri paesi del G7: efficienza delle risorse, economia circolare, riforma fiscale a favore dell’ambiente. Tutte misure che tagliano le emissioni e favoriscono le tante aziende Usa ad alta tecnologia che investono in questi campi.

Per i suoi critici, The Donald vuole solo pagare la cambiale elettorale ai suoi elettori delle aziende energetiche e industriali obsolete e inquinanti, ostacolando quella green economy che crea migliaia di posti di lavoro e rappresenta il futuro. Tanto è vero che molti colossi industriali americani, che investono su rinnovabili ed economia circolare, si sono detti contrari all’uscita dall’Accordo di Parigi, come pure molti stati e metropoli.

Washington poi vuole avere la gestione diretta degli aiuti ai paesi poveri per la lotta al cambiamento climatico, e non vuole affidarli a istituzioni internazionali che non controlla: il Fondo Verde da 100 miliardi di dollari all’anno deciso a Parigi e le banche multilaterali di sviluppo (MDB). Anche qui emerge chiaramente la politica nazionalista e unilaterale di Trump, scettico sugli organismi internazionali che limitano l’autonomia americana.

(di Stefano Secondino/ANSA)